martedì 10 maggio 2016
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Non è solo il codice deontologico dell’Anm a non permettere che le toghe svolgano attività po-litica, intesa in chiave partitica. Da dieci anni, il giudice che si iscrive a un partito politico o partecipa in maniera sistematica e continuativa alla sua attività compie un illecito disciplinare. E ai magistrati è vietato anche farsi coinvolgere «nelle attività di centri politici » che possono «condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque compromettere» la loro immagine. A punire tali condotte, è l’articolo 3 del decreto legislativo 109 del 2006, che, a chiusura di una serie di divieti, sanziona pure «ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza ». Una novità introdotta con la riforma dell’ordinamento giudiziario e che due anni dopo il Csm portò davanti alla Consulta: quel divieto è in contrasto con la Costituzione che riconosce a ogni cittadino, magistrati compresi, il diritto di associarsi liberamente in partiti, sostenne allora Palazzo dei Marescialli. Senza convincere però la Corte costituzionale, che dichiarando infondata l’eccezione, precisò pure che non poteva essere fatta eccezione per i giudici fuori ruolo, quelli cioè «prestati » ai ministeri o ad altre istituzioni che non emettono sentenze, perché il dovere di imparzialità «coinvolge il magistrato anche nel suo operare da semplice cittadino». Il divieto di avere una tessera di partito ha mietuto in passato una vittima illustre: nel 2010, la Sezione disciplinare del Csm condannò all’ammonimento l’ex senatore di Alleanza nazionale Luigi Bobbio che aveva assunto, alla scadenza del suo mandato parlamentare, l’incarico di presidente della federazione di Napoli di An, mentre era fuori ruolo dalla magistratura. Una sorte rischiata pure dall’ex pm di Palermo Antonio Ingroia quando (dopo la sconfitta alle elezioni del 2013 col suo movimento Rivoluzione civile) aveva continuato a fare politica, nonostante non fosse più in aspettativa: lo hanno 'salvato' le dimissioni dalla magistratura. Non ci sono altri limiti fissati dalla legge. Tuttavia, come si segnalava all’inizio, c’è lo Statuto dell’Anm che mette automaticamente alla porta i magistrati che si iscrivono o che assumono cariche nei partiti e nelle formazioni politiche. Precedente
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