martedì 26 gennaio 2016
​La Ue: coinvolti sei Paesi. Alfano: hotspot in Italia anche nel Nord Est.
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Alla fine non si è potuto evitare. Di fronte al perdurare dei flussi migratori, ieri i ministri dell’Interno in una riunione informale ad Amsterdam hanno deciso di chiedere l’attivazione della procedura d’emergenza prevista dal Codice Schengen per consentire ai vari Stati che già hanno reintrodotto i controlli alle frontiere interne di mantenerli fino a due anni. «Al momento – ha detto, per la presidenza di turno dell’Ue, il ministro dell’Interno olandese Klaas Dijkhoff – le misure temporanee di controllo possono esser prese solo per un periodo limitato di sei mesi. Ma il flusso senza precedenti di richiedenti asilo, che è alla base di queste misure, non è diminuito». Per questo, ha spiegato ancora, «gli Stati membri hanno invitato la Commissione Europea a preparare la base legale e pratica per mantenere le misure temporanee alle frontiere, secondo l’articolo 26 del Codice Schengen». Un articolo che scatta quando, si legge nel Codice, «il funzionamento globale dello spazio senza controllo alle frontiere interne è messo a rischio a seguito di carenze gravi e persistenti nel controllo alle frontiere esterne». Con la possibilità appunto di mantenere i controlli per un massimo di due anni, e che riguarda per ora i Paesi che hanno ricominciato a chiedere i passaporti ai confini (Germania, Austria, Danimarca, Svezia, Francia e, fuori dall’Ue ma dentro Schengen, la Norvegia). Soprattutto per il confine tra Austria e Germania si profilava la scadenza di maggio. E certo è che ieri il ministro dell’Interno tedesco Thomas De Maizière ha ribadito che non può «prevedere quanto dureranno i controlli alle frontiere interne». «Ciascuno è consapevole che l’esistenza dello spazio Schengen è in bilico, e che deve succedere qualcosa velocemente» ha avvertito il ministro austriaco Johanna Mikl-Leitner. Il collega Angelino Alfano, alludendo alla scelta, almeno, di restare nelle norme europee, ha spiegato che «alla fine di questa giornata di lavoro Schengen è salva, per ora». Tuttavia, avverte, «abbiamo poche settimane per evitare che si dissolva tra gli egoismi nazionali». E certo è che cresce la pressione sulla Grecia, da cui passa la rotta balcanica dei migranti. «Solo dall’inizio del 2016 sono arrivati 30.000 persone» ha avvertito il commissario alla Migrazione, Dimitris Avramopoulos. «Se non riusciamo a proteggere le frontiere esterne, allora la frontiera Schengen si sposterà verso l’Europa centrale – ha tuonato Mikl-Leitner – la Grecia deve aumentare le sue risorse al più presto e accettare aiuto». «Noi eserciteremo pressione su Atene affinché faccia il suo dovere», ha detto anche de Maiziere. Un pressing respinto dal ministro di Atene, Yoannis Mouzalas, che ha chiesto di porre fine a «questo ingiusto gioco di accuse». Il vertice è stato d’altronde preceduto da una lettera inviata la scorsa settimana dal premier sloveno Milo Cerar, rivelata dal Financial Times, ai suoi partner e alla Commissione, in cui propone di schierare mezzi Frontex (l’agenzia per le frontiere esterne dell’Ue) al confine tra Macedonia e Grecia per evitare il proseguimento dei flussi lungo la rotta balcanica e ieri i ministri hanno dato mandato alla Commissione di esplorare questa possibilità. Non si tratta, però, di isolare Atene; la Commissione ha assicurato di non stare lavorando su questo scenario che, ha detto Alfano, «sarebbe l’inizio dello sgretolamento». La Commissione preme piuttosto per attuare le decisioni prese, a cominciare dal programma di ridistribuzione dei 160.000 richiedenti asilo da Italia e Grecia. Cruciale, ha detto Avramopoulos, è che si completino gli hotspot (i centri di identificazione e accoglienza, sei in Italia e cinque in Grecia, con l’ausilio dell’Ue). «Saranno pronti entro quattro-cinque settimane – ha detto il commissario – poi nessuno avrà più scuse per non partecipare alla ridistribuzione». Ieri Alfano ha annunciato che il governo sta valutando «anche l’area del Nord Est perché dobbiamo tenerci pronti ad un’ipotesi di flusso dalla frontiera nord-est a seguito della rotta balcanica». Sullo sfondo, l’accordo con la Turchia per arginare i flussi, a cominciare dai 3 miliardi di euro di aiuti per i profughi ospitati nel Paese. Ieri, da Ankara, l’Alto rappresentante Ue, Federica Mogherini, si è detta «molto fiduciosa che la cifra decisa sarà disponibile in tempi ragionevoli».
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