venerdì 25 giugno 2021
Curcio: comunicare nell’incertezza, per il Paese, è stato un cambio di paradigma «
«La filiera col generale? Funziona perché abbiamo mostrato che si può lavorare insieme. Ma adesso vanno affrontate diverse atipicità» Fabrizio Curcio

«La filiera col generale? Funziona perché abbiamo mostrato che si può lavorare insieme. Ma adesso vanno affrontate diverse atipicità» Fabrizio Curcio - Ansa

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Oggi per combattere la pandemia abbiamo due soggetti che possono emanare ordinanze in deroga alla normativa: il capo del Dipartimento di Protezione civile e il commissario straordinario. Ma come può una filiera lavorare con due soggetti che possono fare le regole del gioco?».

A porre la domanda è stato proprio il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, intervenendo al convegno 'Soccorso pubblico e Protezione civile', promosso dal Dipartimento dei Vigili del fuoco del Ministero dell’Interno. Un intervento forte e con non poche critiche. Non verso il generale Figliuolo. «La filiera sta funzionando perché i due soggetti hanno detto 'ragioniamo e insieme portiamo fuori il Paese da questa situazione'. Poi però ci sediamo tutti e iniziamo a capire, anche da un punto di vista giuridico, come è nata questa cosa. E che prospettive vogliamo dare alla ge- stione delle emergenze del domani ».

Curcio non si schiera «nel dibattito del 'prima e del dopo'. Avranno fatto bene? Avranno fatto male? Ci sarà chi vorrà giudicare, io no. Perché chi come me ha fatto attività operativa ha rispetto per chi si alza la mattina, si prende il Paese sulle spalle e conta mille morti senza avere la luce del vaccino». Piuttosto Curcio analizza altre «importanti atipicità » di questa emergenza. «Il nostro sistema è sussidiario, e quando succede qualche cosa c’è qualcun altro che ti dà una mano. Per la prima volta ci siamo trovati di fronte un Paese fermo perché la 'cavalleria' non c’era. Le Regioni ci chiedevano 'ma quando arrivano i medici?'. Ma ogni Regione dovrebbe avere i propri ». C’è stato così un «cambio di paradigma: lo Stato ti mette a disposizione degli strumenti che tu devi attivare. Ma quanto è stato difficile far passare questo messaggio!

Qua è la resilienza, un meccanismo inedito nel Paese». C’è poi il tema della comunica- zione. «Soprattutto come comunichiamo l’incertezza? Perché se devo comunicare quello che succede, devo trovare chi ne sa più di tutti. Ma il sistema entra in crisi quando questo racconto non ce l’ho perché anche io ho difficoltà a costruirlo». Curcio ricorda i casi del terremoto dell’Aquila e dell’alluvione di Genova quando finirono sotto processo la Commissione grandi rischi e il Sistema di Protezione civile accusati, e poi assolti, per non aver dato l’allarme per tempo. Un’incertezza che si ripete oggi. «L’andamento della comunicazione sul vaccino Astrazeneca, dal 29 gennaio al 10 giugno, ha prodotto 12 indicazioni diverse. Tutte hanno un senso.

E allora come comunichi questa incertezza al cittadino che giustamente è confuso? ». La risposta di Curcio è nella parola responsabilità. «La comunicazione sull’incertezza non si fa cercando il capro espiatorio di turno, ma prendendo ognuno un pezzettino di responsabilità. Non possiamo scaricare sul medico vaccinatore che si sente dire 'lo puoi usare per tutti però io ti consiglierei...'». Con la conseguenza che «quel medico si atterrà alla medicina difensiva. E se uno si fa male, dice 'io ho seguito la massima cautela'. Ma così il 50% della popolazione con la prima dose non l’avremmo mai avuto». Invece, denuncia, «ho sentito personaggi televisivamente importanti dire 'moriremo tutti, andrà tutto male'. Ma dopo un mese non possono dire 'mi ero sbagliato'. Non può funzionare così».

Evitando anche la confusione tra ruoli. «Ci devono essere nelle decisioni delle fasi chiare: la parte scientifica, quella operativa, quella politica. Devono tornare a vivere separatamente. Nel nostro sistema avevamo con fatica trovato un equilibrio, con la Commissione grandi rischi che ha una procedura proprio per evitare che lo scienziato sia influenzato. Un metodo che dobbiamo riprendere. Altrimenti i tre mondi vanno in risonanza perché hanno finalità, tutte legittime, ma diverse». Infine Curcio tocca anche il tema del rapporto Stato-Regioni. «Se il Paese non sceglie quale è il rapporto tra lo Stato centrale e le Regioni, se non decide quali sono le proprie politiche sugli appalti, non è che poi arriva la Protezione civile e risolve tutto. L’unica cosa che potrà fare, quando proprio si sarà con l’acqua alla gola, è fare una deroga e assumersi la propria responsabilità. Se trova un imprenditore onesto le va bene. Se va male tutti addosso.

Ma bisogna scegliere». Con una promessa. «Cercheremo di annusare dove si sta andando e ci attrezzeremo per farlo al meglio. Dobbiamo intercettare come cambia il Paese. Non la pancia. Mi interessa dove sta andando il Paese perché devo essere là, perché se sono là riesco a essere utile, se sto da un’altra parte ho fallito».

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