giovedì 13 maggio 2010
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Claudio Scajola non si presenterà dai pm a Perugia. Non si terrà così l’atteso interrogatorio, fissato per domani, in cui l’ex ministro dello Sviluppo economico avrebbe dovuto chiarire la vicenda dei 900mila euro ricevuti dalle sorelle Papa contestualmente alla vendita a Scajola, il 6 luglio 2004, dell’ormai nota casa davanti al Colosseo. La motivazione addotta dal legale di fiducia, Giorgio Perroni, è che «non ci sono le garanzie difensive previste». Il timore non confessato è che l’ex ministro dimessosi otto giorni fa (e per la cui sostituzione ieri circolavano anche i nomi di Mario Monti e Luisa Todini), che sarebbe stato sentito solo come "persona informata sui fatti", potrebbe finire indagato. E, nella "strategia" difensiva, è preferibile essere ascoltato eventualmente come indagato (quindi, con le connesse garanzie) piuttosto che come semplice testimone. Ma per Antonio Di Pietro «Scajola ci sta dicendo che lui è già indagato, non c’è altra spiegazione: un testimone è obbligato a presentarsi». Inoltre c’è sempre il nodo della competenza: per la difesa di Scajola l’indagine spetta a Roma, al Tribunale dei ministri, e non alla Procura perugina.Un ragionamento, quello difensivo, palesato d’altronde nelle affermazioni stesse dell’avvocato. Perroni, commentando «quanto riportato dai giornali» (ricordiamo che, proprio in quanto non indagato, la difesa di Scajola non ha avuto accesso finora agli atti ufficiali), ha ricostruito che finora è stato riferito di 900mila euro «pagati con assegni circolari consegnati alle venditrici dallo stesso ministro, tratti su un conto corrente intestato all’architetto Zampolini e la cui provvista era riconducibile a Diego Anemone». Di recente però, ha proseguito il legale, si è parlato di ulteriori indagini che i magistrati starebbero svolgendo su presunti «preziosi favori che Scajola avrebbe, precedentemente alla compravendita, elargito ad Anemone», sia per l’appalto sul cantiere del centro Sisde di piazza Zama a Roma, sia per il rilascio del nulla-osta di sicurezza ed entrambi collocabili quando Scajola era ministro dell’Interno (2001/02). Notizie che, secondo Perroni, «si dimostreranno non conformi al vero», ma che causano «un comprensibile stato di imbarazzo» perché il suo assistito «verrebbe sentito in una veste che parrebbe ormai solo formalmente, ma non già sostanzialmente», quella di "persona informata".L’interrogatorio saltato non è piaciuto alle opposizioni. Per l’idv Massimo Donadi «Berlusconi ha fatto scuola: anche Scajola si sottrae alla giustizia e non si presenta ai giudici». Intanto anche Giovanni Aricò, l’avvocato di Anemone, ha risposto «non credo proprio sia così» ai giornalisti che (dopo l’udienza in cui si è deciso il rinvio della richiesta di commissariamento per le aziende dell’imprenditore) gli chiedevano se le case coinvolte nell’inchiesta "Grandi eventi" siano state acquistate con soldi del costruttore.
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