lunedì 9 agosto 2021
Inaugurato 4 anni fa con finalità social,i ospitava una casa famiglia e doveva diventare anche foresteria per pellegrini della Francigena. La concessione revocata per irregolarità sanate dal gestore
Sarzana chiude bene confiscato. Le associazioni: ora il nuovo bando
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Uno spiraglio per riaprire il bene confiscato più importante della Liguria. A Sarzana, al confine con la Toscana, il Comune ha infatti revocato la concessione in comodato gratuito di Cà’ Carnevale all’associazione temporanea di scopo Terre libere, che la gestiva e che comprende anche Libera, Acli, Agesci, Comunità Papa Giovanni XXIII e realtà locali quali il consorzio di cooperative sociali Cometa, la Missione sportiva che si occupa di disabili e l’associazione L’egalitè che gestisce un appartamento trasformato nel 2016 in centro culturale e ricreativo. Il sindaco Cristina Ponzanelli ha già incontrato il 4 agosto scorso la rete di volontariato e ha confermato la volontà di procedere in fretta a stendere le linee di indirizzo del nuovo bando.

Ma non sarà facile riaprire velocemente l’ex cascina medievale circondata da due ettari di uliveti e boschi sulle colline di Sarzana. L’immobile venne sequestrato e confiscato nel 2010 dalla Dia di Genova a un imprenditore. Poi Ca’ Carnevale è stata abbandonata per anni e riqualificata anche dai volontari. Dopo l’inaugurazione nel 2017, cui avevano preso parte tra gli altri il vescovo di La Spezia Ernesto Palletti, l’attuale ministro del Lavoro Andrea Orlando, il presidente della Papa Giovanni XXIII Paolo Ramonda e il vice presidente di Libera Davide Pati, è partito il progetto che prevedeva tre livelli di attività. Il primo era una casa famiglia per minori in difficoltà gestita dalla Papa Giovanni. Il secondo era il ripristino dell’uliveto, utilizzando gli studenti dell’istituto agrario, e il terzo la creazione di un ostello per i pellegrini della via Francigena, che qui scende dall’Appennino parmense. La pandemia ha ovviamente ostacolato attività agricola e foresteria.

«Abbiamo tenuto i campi estivi di Libera e dell’Agesci – spiega l’ingegner Corrado Bernardini, aclista, scout e storico ambientalista – mentre nel febbraio 2020 era partita una raccolta fondi on line supportata dalla realtà fondata da don Benzi e dalla rete associativa per far nascere la foresteria».

Poi è arrivata la revoca della concessione. Il sindaco non ha risposto alle nostre richieste di intervista, ma il Comune ha diramato un comunicato stampa venerdì scorso in cui afferma che è stato un atto dovuto della giunta. La delibera comunale 125 spiega che l’11 maggio scorso è pervenuta una nota dei Carabinieri che, dopo un’ispezione, avevano rilevato "inadempienze gravi da parte del gestore tra cui si evidenziano in particolare il mancato rispetto di normative di sicurezza e precarie condizioni igieniche generali". Il giorno successivo è pervenuta una nota dell’Azienda sanitaria locale che riteneva di non dover concedere l’autorizzazione a proseguire l’attività. Insomma, in base al regolamento comunale non ci sarebbero state alternative.

La versione della Papa Giovanni, che non intende polemizzare con le istituzioni e ha trasferito la casa famiglia, è diversa. «Mercoledì 4 agosto – dichiara l’ufficio stampa – abbiamo provveduto a riconsegnare al Comune di Sarzana l’immobile confiscato alla mafia concesso quattro anni fa. Nel corso di un sopralluogo durante l’ultimo lockdown, preceduto e seguito da due ispezioni aventi esito positivo, erano state rilevate alcune criticità. Quest’ultime sono state tempestivamente affrontate e risolte mettendo in atto azioni portate avanti fino alla riconsegna dell’immobile».

«Una revoca dell’assegnazione di un bene confiscato da parte dei Comuni è un evento raro», aggiunge Davide Pati, vicepresidente nazionale di Libera, l’organizzazione che 25 anni fa promosse la legge che prevede il riutilizzo sociale e la restituzione alla collettività di ricchezze e patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali. Oltretutto i problemi emersi sarebbero stati nel frattempo risolti. Nella delibera la Giunta sarzanese prevede ora di "definire con proprio provvedimento le linee guida per procedere alla riassegnazione del bene". E anche la rete delle associazioni guarda avanti.

«Quello che conta ora è un nuovo bando per riassegnare Ca’ Carnevale all’uso per il bene comune– commenta Francesco Baruzzo, responsabile provinciale di Libera – e crediamo sia importante per questo un confronto tra associazionismo e amministrazione». La prima cittadina ha garantito di voler incontrare le associazioni entro un mese. Ca’ Carnevale non deve restare chiusa. Alla città della fortezza Firmafede a forte vocazione turistica e agricola, serve un simbolo di legalità e socialità perché dietro la bellezza del centro storico si celano, come sottolinea il presidente del consorzio Cometa don Franco Martini, anche problemi sociali e dipendenze. «Solo a Sarzana abbiamo ad esempio in cura 50 persone ludopatiche, l’azzardo è presente in misura più rilevante qui che nel resto dello spezzino». E come scrive in un documentato libro Marco Antonelli, nell’insospettabile Lunigiana le mafie italiane da decenni sparano e uccidono per il controllo del riciclaggio di denaro sporco, dello spaccio di droga e dell’azzardo illegale. Sarzana ogni anno ricorda Dario Capolicchio, ucciso a 22 anni nel 1993 nella strage di via dei Georgofili a Firenze, dal suo liceo provengono molti volontari di Libera. La città del festival della Mente ha insomma nel suo dna una cultura solidale, civica e antimafia che non è di una parte politica, anche se può essere scomoda.

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