giovedì 3 settembre 2015
I militari hanno «arruolato» 4 membri di Confartigianato per insegnare un mestiere agli afghani.
COMMENTA E CONDIVIDI
Paolo osserva con attenzione i suoi “bocia” mentre modellano la filettatura di un tubo di metallo per l’acqua, Cinzia sta mostrando alle ragazze del suo “salone” come si applica sui capelli una tinta perfetta, Antonio mostra ai ragazzi come piallare una tavola di legno destinata a diventare un mobile, Gloria insegna a una giovane sarta come prendere le misure giuste di un modello. Momenti che sembrano normali, ma che invece diventano speciali se si sta facendo lezione in Afghanistan a dei giovani in cerca di un lavoro e di un riscatto. Anche con una pialla o con una messa in piega si può contribuire alla stabilità e alla pace. Ne è convinto il generale di brigata Michele Risi, alpino e triestino, comandante del contingente militare italiano ad Herat. Che ha avuto un’idea: destinare i fondi della Cooperazione civile e militare a sua disposizione a dei laboratori artigianali per dare un mestiere alla popolazione locale dopo che i nostri soldati lasceranno il territorio agli inizi dell’anno prossimo. «La missione italiana in Afghanistan ha consolidato in 10 anni un rapporto umano e lavorativo con la popolazione locale – ci spiega il generale Risi da Herat –. In tutto il Paese sono 700, 450 solo ad Herat, i dipendenti cui abbiamo dato lavoro negli uffici, nella ristorazione, nella logistica. Anche per ragioni di sicurezza ci siamo preoccupati di come gli afghani avrebbero percepito l’interruzione di questo rapporto. Così ci è sembrato giusto fare qualcosa di utile per il loro futuro e per quello delle loro famiglie».

Gloria De Martin insegna a tagliare a un’aspirante sartaIl generale ha così contattato la Confartigianato di Udine per individuare alcuni artigiani di esperienza. Un progetto che ha suscitato l’entusiasmo dell’Unione Industriali di Herat ed ecco che ai primi di agosto sono arrivati “i friuliani”, un idraulico, un falegname, una parrucchiera- estetista e una sarta, che hanno tenuto lezioni per tutto il mese di agosto e che ora stanno per rientrare in Italia. «Questi ragazzi sono bravi, molto attenti, hanno capito che imparare un nuovo mestiere è importante per il loro futuro» spiega al telefono da Herat Paolo Bressan, che da 30 anni ha una ditta che produce impianti di riscaldamento e climatizzazione a Udine. Ogni giorno fa lezione per 3 ore al mattino e 3 al pomeriggio, con l’aiuto di un traduttore, a 10 giovani afghani, età media 25 anni. «Insegno soprattutto le basi, i tipi di materiali, la tecnica di posa, le varie attrezzature. Questo servirà anche ad ammodernare le loro città. Quando gli ho insegnato a posare un bagno mi hanno chiesto a cosa serviva » dice sorridendo ma pieno di tenerezza per i suoi ragazzi. «Certo, dobbiamo adattarci a quello che hanno, di elettricità e acqua ne hanno pochissima. Per fortuna ho iniziato a lavorare 40 anni fa, quando anche da noi c’erano meno mezzi, e sono in grado di farli lavorare anche con mezzi più semplici».

La parrucchiera Licia Cragnaz dà lezione di acconciatura.
Lo stesso vale Antonio Zanellato,che ha una ditta di costruzione di legno per arredo a San Giovanni Natison, Udine e un forte impegno nel volontariato. «I miei allievi hanno dai 16 ai 34 anni. Hanno pochissimi mezzi, ma una gran voglia di imparare. Lo fanno per aiutare i loro figli a studiare, diventare più intelligenti e migliorare. Io a casa ho due figli di 20 e 14 anni. Quando tornerò gli racconterò che brave persone sono gli afghani. Bisogna conoscerli prima di giudicare e se fuggono da qui hanno i loro motivi». Tanti i pregiudizi da sfatare anche sulle donne afghane, come ci racconta Licia Cragnaz, parrucchiera. «Vogliono diventare tutte bionde – sorride –, vogliono i nostri prodotti per il colore e il trucco perché da loro non ne hanno di qualità. Sono donne che amano curarsi, essere femminili come tutte noi. Nonostante non abbiano vite facili. Ho 13 allieve dai 17 ai 37 anni e sono quasi tutte mamme di parecchi figli. Io gli insegno come truccarsi, come fare un buon taglio e una piega. Quando tornerò dalle mie clienti a Udine ne avrò di cose da raccontare, soprattutto sull’immigrazione: bisogna andare a fondo nelle cose e conoscere». Gloria De Martin a Udine ha un laboratorio di abbigliamento intimo. «Ovviamente qui insegno le basi della sartoria, con le ragazze stiamo creando una microcollezione di abiti dal taglio abbastanza europeo valorizzando la loro creatività – racconta, orgogliosa di portare un tocco di Made in Italy nella moda locale –. Ho messo a disposizione materiali che ho portato dall’Italia e sto insegnando loro anche come organizzare una piccola produzione di abiti con pochi mezzi». I quattro ci salutano, devono tornare ai laboratori. I loro ragazzi e le loro ragazze li aspettano, insieme, si spera, a una vita migliore.  

Antonio Zanellato in laboratorio con quattro futuri falegnami
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: