sabato 1 marzo 2014
​Emergenza alimentare è ormai quotidiana, crescono le richieste di viveri. I centri d'ascolto sono sommersi dalle richieste. Alleanza Caritas-industrie: la solidarietà costa meno. Raccolti 2,4 milioni per aiutare le famiglie colpite dall'alluvione.
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La Sardegna ha fame e la Caritas prova a sfamarla a prezzo politico. Sull’isola l’emergenza alimentare è ormai quotidiana. Nei centri d’ascolto quattro richieste di aiuto su dieci sono di viveri. E crescono. Il 47,7% di tutti gli interventi sono concentrati su questo fronte. Le dieci Caritas sarde alimentano un autentico fiume di pasti caldi, 440mila all’anno, cui vanno sommati altrettanti pacchi viveri. È una controffensiva costosa. La Caritas acquista nei supermarket quel che non arriva dalle donazioni e da quest’anno l’Unione europea non erogherà più gli aiuti agli indigenti. Emergenza nell’emergenza. Che, per di più, esplode dentro casa proprio mentre parte la campagna "Cibo per tutti" a livello internazionale. «Per fortuna c’è il senso civico dei cittadini», commenta il direttore regionale, don Marco Lai, spiegando come la Sardegna stia facendo fronte al dramma.La crisi sta alimentando una solidarietà sorprendente: nella diocesi di Tempio-Ampurias, dopo l’alluvione di novembre, è stato raccolto un milione di euro che andranno ad aiutare gli sfollati di Olbia. Intanto, a livello regionale, è scattata l’iniziativa "Tutti con la Caritas", ideata da Media Tris. Sono aiuti alimentari fai-da-te: dove il pubblico non arriva più, il terzo settore si accorda con l’industria agroalimentare, attraverso donazioni o convenzioni che permettono di acquistare a prezzo di costo quel che è necessario. In Sardegna sono già aperti due di questi canali. Asdomar (Gruppo Conserve) ha donato 66mila scatolette di tonno all’olio d’oliva e Alb spa ha fatto lo stesso con 33mila bottiglie di acqua Smeraldina da 1,5 litri. Nel secondo caso, è stata stipulata anche una convenzione annuale per una fornitura illimitata di acqua Altura, prodotta a Bortigiadas, a 15 centesimi anziché i 27 del prezzo di vendita al pubblico. Quest’operazione, oltre a contribuire alla filiera della solidarietà con prodotti d’eccellenza (tutti made in Sardegna), non produce profitto ma alimenta l’attività industriale e quindi genera occupazione in una regione martoriata anche sotto questo profilo. Che la crisi alimenti il senso civico e la solidarietà lo dimostra anche la raccolta fondi della Caritas di Tempio-Ampurias, che attraverso il centro di coordinamento dell’emergenza alluvione in tre mesi ha raccolto un milione di euro. Questi i maggiori contributi: 545mila euro dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la Caritas nazionale, 320mila euro da privati, enti e parrocchie attraverso il conto corrente dedicato all’alluvione; 100mila dalla stessa diocesi di Tempio-Ampurias. Complessivamente, la Chiesa italiana ha raccolto 2,4 milioni di euro che saranno distribuiti tra le diocesi colpite. In Gallura sono già stati spesi 80mila euro in 100 diversi interventi; anche in tal caso sono state stipulate sei convenzioni con altrettanti esercizi commerciali per ridurre i costi della solidarietà. «Abbiamo fatto l’esperienza della sofferenza e questo ci ha cambiati tutti. L’alluvione ha mostrato il volto bello della Gallura, aiutandola a scoprire i valori che contano» commenta suor Luigia Leoni, direttrice della Caritas diocesana, che collabora con le istituzioni pubbliche dalle ore drammatiche di novembre. L’impegno di Olbia ha assorbito grandi energie - «aiutare gli alluvionati è un dovere della Chiesa» è il mandato affidato dal vescovo, monsignor Sebastiano Sanguinetti - e prosegue perché, ricorda la religiosa, «siamo in piena emergenza». Al momento, vengono seguite 800 famiglie: «stiamo ancora distribuendo materassi e viveri - spiega suor Luigia -. L’alluvione ha colpito una terra già piegata dalla crisi».
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