sabato 9 febbraio 2019
Avevano deciso di deviare la processione per ragioni di sicurezza. La Curia: «Garantire legalità»
Un momento della processione di martedì in occasione della Festa di Sant’Agata, a Catania

Un momento della processione di martedì in occasione della Festa di Sant’Agata, a Catania

COMMENTA E CONDIVIDI

«Sant’Agata è la nostra, ti tagghiamu a testa ». «Pagliacci, siete tutti pagliacci. A tia ti scassu a vastuni ». Sono queste, e altre minacce, nei confronti del parroco della Cattedrale di Catania, monsignor Barbaro Scionti, e del “capovara” Claudio Consoli, a spingere il prefetto e il questore della città etnea, Claudio Sammartino e Alberto Francini, a mettere i due sotto tutela. Una misura di cautela presa dopo il Comitato per l’ordine e la sicurezza convocato nel pomeriggio del 6 febbraio.

Non c’è, dunque, solo la protesta inscenata nel corso della processione di martedì scorso, il momento più atteso della festa di Sant’Agata, dopo la decisione di non far compiere al fercolo con le reliquie la 'salita di via Sangiuliano', per motivi di sicurezza. Un decisione presa in accordo coi responsabili delle forze dell’ordine presenti, e dopo aver sentito sia l’arcivescovo Salvatore Gristina che il prefetto. Per recuperare la genuinità della festa.

Una scelta non gradita da una sparuta ma minacciosa minoranza che se l’è presa col parroco e il capovara. Ma accolta con molto favore dalla cittadinanza. Così si sono decise le misure di attenta ma discreta vigilanza. Il parroco e il capovara sono ora accompagnati quando escono. Misure speciali che dispone il prefetto in via precauzionale. «È sembrato giusto farlo immediatamente perché potrebbe esserci qualche reazione – ci spiegano –. È stato un atto di prepotenza, poi vedremo se c’è dell’altro dietro». Le persone che hanno inscenato la protesta sono state identificate, ci sono noti pregiudicati, e anche qualche soggetto della curva Nord. Ci sarà nei prossimi giorni un nuovo comitato per valutare gli sviluppi, dopo accertamenti e verifiche. In particolare la visione dei filmati che riportano non solo le frasi di minaccia, ma anche il gesto di alcuni di coprirsi il viso.

Dalla Curia catanese ieri è arrivata una nota firmata dall’arcivescovo e dai vicari episcopali e foranei che esprimono «vivo rammarico e decisa disapprovazione per i ben noti fatti accaduti nella mattinata del 6 febbraio e già ampiamente condannati anche dall’opinione pubblica». Inoltre «auspicano che il lodevole impegno che ha visto agire in esemplare sinergia le varie Istituzioni civili ed ecclesiali nelle loro specifiche responsabilità, il Comitato per la festa di Sant’Agata, che ha elaborato pure opportuni regolamenti, le associazioni agatine e tutti i volontari, sia sempre coronato da successo, affinché la festa dell’amata Patrona mostri il vero volto di Catania nel rispetto della legalità e del comune impegno per la sicurezza». Infine «rivolgono un particolare attestato di vicinanza e solidarietà al maestro del fercolo e al parroco della Cattedrale».

Molto importante è il riferimento ai nuovi 'regolamenti' e alla legalità. Rientrando in Cattedrale don Barbaro aveva detto parole molto forti. «Sant’Agata non è ostaggio di nessuno. Cari delinquenti siete soli e isolati. Ora fate silenzio perché dobbiamo pregare». Parole chiare che erano state precedute nei mesi scorsi da scelte altrettanto chiare. A novembre è stato modificato lo statuto dell’associazione che porta il nome della Patrona e ora viene chiesta un’autocertificazione sulle pendenze giudiziarie, escludendo sia condannati che indagati. Il secondo passaggio è stata la conduzione della festa. Chi tira i cordoni del fercolo? Negli anni c’era stata un’esibizione dei soggetti delinquenti e di mafiosi che in questo modo affermavano il proprio potere. Ora è stata fatta una grossa opera di depurazione. E quanto accaduto mercoledì lo dimostra.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: