giovedì 7 aprile 2016
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ROMA In Sanità i guadagni illeciti di qualcuno costano cari a tutti. Ai contribuenti, ma anche – e soprattutto – ai pazienti. Perché i tanti episodi di corruttela, piccoli e grandi, sottraggono al Servizio sanitario nazionale fino a 6 miliardi l’anno, risorse preziosissime che potrebbero essere investite in innovazione e cure. E quasi 4 aziende sanitarie su 10 hanno registrato episodi di corruzione negli ultimi cinque anni. Sono dichiarazioni preoccupanti quelle dei dirigenti delle 151 strutture sanitarie, raccolte dall’indagine sulla percezione della corruzione, realizzata da Transparency International Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc. Raffaele Cantone conferma: «La sanità, per l’enorme giro di affari che ha intorno e per il fatto che anche in tempi di crisi è un settore che non può essere sottovalutato, è il terreno di scorribanda da parte di delinquenti di ogni risma», commenta il presidente dell’Anticorruzione. E indica le liste d’attesa come il primo settore a rischio. Secondo l’indagine dunque il 77% dei dirigenti sanitari ammette un pericolo concreto di corruzione nella propria struttura. Due gli ambiti più esposti: appalti e assunzioni di personale. L’83% dei dirigenti sanitari indica gli acquisti di beni e servizi, il 66% la realizzazione di opere e infrastrutture, il 31% la possibilità di scorciatoie illecite nelle assunzioni. Molto è stato fatto, negli ultimi anni, per prevenire: oltre il 90% delle strutture sanitarie ha adottato codici di comportamento dei dipendenti, regolamenti per le procedure d’acquisto, procedure trasparenti sugli appalti e per la segnalazione di casi di corruzione. Il problema è che – secondo l’esame dei Piani anti- corruzione, previsti dalla Legge 190/2012 – su 230 aziende sanitarie il 40% si è limitata a un adempimento formale dell’obbligo di legge. E la sanità, si legge nell’indagine, «fa gola per l’ingente valore della spesa pubblica, 110 miliardi l’anno. Le voci di spesa per beni e servizi che non incidono direttamente sull’assistenza sanitaria (mensa, lavanderia, rifiuti speciali) assorbono risorse consistenti. Dall’analisi dei conti di Asl e Aziende ospedaliere emerge che dal 2009 al 2013 gli sprechi in questi settori sono diminuiti del 4,4% l’anno, ma la loro incidenza rispetto alla spesa complessiva non si è ridotta». Gli sprechi nelle spese non collegate all’efficacia delle cure «ammontano a 1 miliardo l’anno». Per Cantone «il primo snodo fra tutti su cui intervenire è quello delle liste di attesa, ma anche gli ambiti legati alle aziende farmaceutiche e persino, ad esempio, la gestione delle sale mortuarie». L’ex magistrato spiega che «sarebbe bello che le liste d’attesa potessero essere trasparenti, ma è molto difficile, perché ci sono in gioco i valori della privacy. Dobbiamo però intervenire, e fatti come quello di Salerno (arresti per mazzette per risalire nelle liste, ndr) mi inquietano». Cantone parla del «nuovo piano anticorruzione concordato anche con i tecnici del ministero della Salute », ma servono anche «'anticorpi anticorruzione' a partire dagli operatori». La sanità italiana, dice, «assicura standard elevatissimi », ma «la corruzione abbassa anche il livello dei servizi». Concorda il sottosegretario all’Università e Ricerca, Davide Faraone: «Ben 2 milioni di italiani hanno pagato 'bustarelle' per ricevere favori in sanità e 10 milioni hanno fatto visite specialistiche in nero». La corruzione in Sanità costa «più del 5% della spesa sanitaria pubblica », aggiunge: «Lo dimostrano anche i dati della Guardia di Finanza, che da gennaio 2014 a giugno 2015 ha scoperto frodi e sprechi nella spesa pubblica sanitaria per un danno erariale da 806 milioni, il 14% del danno erariale complessivo». © RIPRODUZIONE RISERVATA MAGISTRATO. Raffaele Cantone
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