mercoledì 6 aprile 2016
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ORZINUOVI (BRESCIA) È una storia a lieto fine quella di Teresa Morandi, proprietaria del 'caffè Portico' di Orzinuovi. Verso la fine del 2015 era riuscita a sbarazzarsi della slot prima della scadenza contrattuale, dopo che un anziano si era messo a piangere sul bancone perché quella macchinetta aveva fagocitato tutta la sua pensione. Ma, il mese scorso, l’esercente si era vista richiedere dal gestore dell’apparecchio la somma di 1.564 euro. Con minaccia di azioni legali se non avesse provveduto entro 5 giorni. Da lì era scoppiato il caso mediatico, prima a livello locale, poi nazionale. «Lo Stato – questa l’esternazione a caldo di Morandi – mi ha punito perché ho tolto la macchinetta. E perché l’anno scorso, dopo l’episodio dell’anziano, pur di non vedere la gente rovinarsi, spegnevo l’apparecchio per più ore al giorno, abbattendo così i suoi ricavi». Morale: grazie all’interessamento di 'Avvenire', il gestore delle macchinette ha ammesso di aver sbagliato in eccesso la quantificazione del dovuto. E annunciato che Morandi dovrà pagare solo 350 euro. Determinante l’acquisizione dei contratti e delle comunicazioni intercorsi tra le parti. Leggendoli, si comprendeva infatti che la somma richiesta dal gestore per conto dello Stato non era una multa, ma una tassa prevista dalla Finanziaria del 2014 sul 2015. Eppure, altrettanto chiaramente emergeva come questa dovesse essere proporzionale agli incassi di ogni macchinetta, cosa che rendeva incomprensibile l’entità della pretesa avanzata nei confronti del bar bresciano (che, nel 2015, aveva incassato circa 1000 euro). Chieste spiegazioni al gestore, nel giro di pochi giorni è arrivata in redazione l’ammissione dell’errore. Ma anche la precisazione che «si tratta di un disguido elettronico, talmente abnorme da fugare ogni dubbio circa l’intenzionalità della cosa». Nel frangente, infatti, la stessa società ha chiarito che quella tassa non avrebbe potuto superare per legge i 1200 euro, peraltro da dividersi tra esercente e gestore. E ha voluto precisare che «si tratta di esazioni per conto dello Stato, unico suo beneficiario effettivo». Tuttavia, nonostante il clamore mediatico, l’ammissione del disguido è giunta solo dopo le osservazioni contrattuali di 'Avvenire'. Per Morandi è la fine di un incubo e una vittoria morale. Basti pensare che, nel 2015, aveva dovuto sopportare anche una mattinata di controlli da parte della Finanza: la macchinetta guadagnava poco perché quasi sempre spenta. E gli operatori della filiera sospettavano che lei avesse truccato l’apparecchio per evadere il fisco e tenersi anche la percentuale destinata agli altri soggetti coinvolti. Intanto, nei giorni scorsi, quando sembrava che quei 1564 euro dovesse pagarli, al bar era un formicaio continuo di nuovi clienti. «Gente mai vista – racconta l’esercente – che ha conosciuto la mia storia da tv e giornali. E che con caffè, cappucci e brioches, mi ha manifestato una solidarietà concreta». © RIPRODUZIONE RISERVATA Brescia
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