giovedì 12 maggio 2016
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Voto senza suspense, col Pd già 'vestito a festa' per esultare. Nel pomeriggio il passaggio della mozione di fiducia (369 i sì, 3 in meno), in serata il via libera finale. Anche Ala a favore, M5S si astiene sul testo. Il premier: «Battaglia giusta per i diritti delle persone. Nessun calcolo, se devo perdere voti li perderò». Il referendum abrogativo è «fantapolitica». La frenata sulle adozioni: «Non so se ci sono le condizioni. Vedremo» ROMA «È un giorno di festa, l’Italia fa un passo avanti. Ci sono le polemiche di chi voleva di più e di chi voleva meno... Ma c’è una gioia diffusa. È un giorno che porta l’Italia in linea con gli altri Paesi...». Sono le 19.20 quando, su Radio Capital, il premier Matteo Renzi esulta in anticipo rispetto all’approvazione della Camera al disegno di legge che introduce le unioni civili, effettivamente passata in Aula alle 19.44 con 372 sì, 51 no e 99 astensioni (su 522 votanti). Un voto che mostra una maggioranza compatta (Pd, Ap, Sc e Psi) con la sponda di Ala e Sinistra italiana. Fra le opposizioni, M5S si astiene, mentre Lega, Fi, Fdi e Cor votano contro, con l’eccezione di alcuni deputati che si sono avvalsi della libertà di coscienza. Nella lunga giornata di Montecitorio, l’esito del voto non era in discussione, poiché condizionato dalla decisione del governo di apporre la fiducia (benché il 29 dicembre, nella conferenza di fine d’anno, il premier l’avesse escluso: «Non è un provvedimento su cui il governo immagina di inserire l’elemento della fiducia, bisognerà lasciare a tutti la possibilità di esprimersi»). Così, in Transatlantico, il clima non pare quello dei giorni di battaglia. Il Pd arriva pronto per festeggiare: il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi esibisce un nastrino arcobaleno sul risvolto della giacca e altri parlamentari sfoggiano mise colorate o coccarde multicolori, distribuite dalla piddina Enza Bruna Bossio. Alcuni scattano selfie da pubblicare su Twitter. Ma fra i dem c’è pure chi resiste, come l’ex ministro Beppe Fioroni, che dribbla con eleganza il collega David Ermini, che cerca di appuntargli una coccarda: «Voto la fiducia per responsabilità politica – ribatte –, ma può bastare così». Alle 15.45 la mozione di fiducia (la 53esima dell’era Renzi) passa con 369 voti a favore, 193 contrari e 2 astenuti ( Vincenza Labriola e Rudi Franco Marguerettaz, del gruppo Misto). Nella maggioranza dicono no, come annunciato, Alessandro Pagano (Ap), Gianluigi Gigli e Mario Sberna (Ds-Cd). Superato il primo scoglio, non resta che attendere il voto serale sul provvedimento. Quando la presidente della Camera Laura Boldrini lo comunica, in Aula molti deputati esultano. Anche nelle tribune, diversi attivisti si alzano in piedi ad applaudire, contravvenendo al protocollo della Camera: «Da oggi tutti quelli che siederanno in tribuna potranno applaudire», protesta il capogruppo leghista Massimiliano Fedriga. Una lamentela che non turba Boldrini: «Quando si riconoscono diritti a chi non ne aveva, la democrazia diventa più forte». Soddisfazione pure nel tweet del presidente del Senato Pietro Grasso: «Un importante passo per affermare diritti troppo a lungo negati». Un leit motiv che ritorna nelle considerazioni di fine giornata del premier e segretario del Pd: «Nessuno ha fatto calcoli sui dati dei sondaggi. Le cose giuste, vanno fatte. Punto. Se uno deve perdere i voti per una battaglia giusta, li perde», argomenta Renzi, considerando che «l’atteggiamento di parte del mondo cattolico è atteso e comprensibile. Sono solo fuori luogo le dichiarazioni di chi collega questo al referendum costituzionale». Sul prossimo passo invocato dalle coppie gay, la discussa stepchild adoption già stralciata nel passaggio al Senato, il premier resta prudente («Non so se ci sono le condizioni parlamentari, vedremo nelle prossime settimane e mesi»), per poi ritrovare la consueta baldanza nel replicare ai proponenti del referendum abrogativo: «È il festival della fantapolitica, siamo sicuri che avrebbe la maggio- ranza degli italiani? Mi sembra politica politicante. Questa è legge. Alla faccia di quelli che dicevano 'questa legge non si farà mai'». In serata, l’esultanza del Pd tracima fuori dal Palazzo: applausi e abbracci accolgono Monica Cirinnà e la stessa Boschi, uscite in piazza Montecitorio per salutare le associazioni del mondo Lgbt. «Dopo anni, diamo risposta ai sogni e alle aspettative di tanti. Ora andiamo a festeggiare», ripete il ministro delle riforme, spostandosi poi a Fontana di Trevi, dove esponenti dell’Arcigay, al grido di «vittoria, vittoria», hanno puntato un faretto arcobaleno sulla facciata settecentesca in stile rococò. È l’ultimo scatto di giornata, coi turisti sconcertati dal bailamme e il solito buontempone romano pronto a smitizzare: « Ora ce manca pure che se fanno er bagno, come ner film de Fellini ». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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