martedì 18 dicembre 2018
Bruxelles tiene Roma sulla corda. L'ipotesi del rinvio della decisione sulla procedura, Nuove risorse dal blocco dell'adeguamento degli assegni previdenziali. Voto venerdì
Palazzo Chigi durante il vertice notturno del governo (Ansa)

Palazzo Chigi durante il vertice notturno del governo (Ansa)

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Ieri mattina il governo italiano ha trasmesso a Bruxelles uno 'schema' con i nuovi obiettivi programmativi su deficit e Pil e le principali novità della manovra riveduta e corretta. A metà pomeriggio il ministro Tria ha dato forfait a un incontro pubblico dove era atteso alla 19 ed è tornato in gran fretta a Palazzo Chigi dal premier Conte, 24 ore dopo il vertice di domenica sera.

Segno che nell’ormai infinita vicenda della manovra siamo arrivati alla volata finale. Ma anche che il quadro non è ancora del tutto definito: c’è bisogno di un supplemento di trattativa e l’esito non è scontato. Come sembra suggerire anche il fatto che la Commissione Ue non abbia ancora inserito nell’ordine del giorno del plenum dei commissari in programma domani la decisione sulla procedura di infrazione contro l’Italia.

Si va verso un rinvio? Il programma del vertice può essere aggiornato fino all’ultimo minuto dal presidente Juncker, hanno fatto filtrare i capi di gabinetto insieme al messaggio che l’ottimismo è ingiustificato. «Mi auguro che a Bruxelles ci sia buonsenso e non figli e figliastri – afferma Matteo Salvini – Abbiamo fatto quel che dovevano fare, se ci chiedono di tagliare ancora no basta».

In attesa che la situazione di sblocchi, al Senato i lavori della Commissione ripartono questa mattina e lo sbarco della legge di bilancio in aula è rinviata a giovedì o venerdì. Si attende il famoso maxiemendamento che assorbirà le modifiche presentate a Bruxelles e il compromesso politico all’interno della maggioranza.

Va avanti infatti anche il lavoro politico per mantenere in piedi i due provvedimenti bandiera, quota 100 e reddito di cittadinanza, anche dopo il taglio degli stanziamenti da 4 miliardi e quelli, per così dire, di 'contorno': il compromesso sull’ecotassa sulle auto inquinanti, che non colpirà le utilitarie, il nuovo blocco in versione ammorbidita dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita, il taglio degli assegni «d’oro» a partire forse da 100mila euro e non i 90mila voluti dal M5s ma osteggiati dalla Lega. E ancora, il taglio dei contributi Inail, che vale 400 milioni, e i fondi per Roma (195 milioni).

Sul tavolo di Bruxelles il governo conferma la riduzione del deficit dal 2,4 al 2,04% del Pil, dato che arrotondato al decimale (come si fa nei documenti di finanza pubblica) fa 2%. La vera novità arriverebbe sul fronte della crescita che dall’1,5% indicato nel Documento programmatico di bilancio (obiettivo messo in dubbio da tutti i principali osservatori) potrebbe scendere a un più realistico 1%.

Per arrivare al nuovo obiettivo di deficit servono comunque 6 miliardi e mezzo.

Quattro verranno erosi dai fondi per il reddito (che scendono da 9 a 7,1 miliardi) e le pensioni (4,7 miliardi invece di 6,7). Gli altri verrebbero reperiti dal Mef «nelle pieghe del bilancio», in pratica da un non precisato supplemento di spending review e da un’accelerazione delle dismissioni immobiliari.

In realtà il lavoro tecnico non sarebbe ancora del tutto chiuso, e la Ragioneria sarebbe alla ricerca di almeno 4500 milioni.

Per far quadrare i conti si sta valutando anche l’ipotesi di una web tax. Sulle auto il compromesso prevede che i disincentivi agli acquisti vengano limitati solo alle auto ad alte emissioni di fascia media e alta e cancellati per le utilitarie. Gli incentivi per le auto elettriche ed ibride fino a 6mila euro restano, ma senza fondi alternativi la platea potrebbe restringersi. Il taglio delle pensioni d’oro potrebbe partire invece da 100mila euro lordi annui in su e servirà a finanziare l’aumento delle minime. Si prevedono riduzioni crescenti dal 10 fino al 40% in base agli scaglioni di reddito. Mentre la proroga del blocco dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita, sarebbe una versione un po’ più morbida di quello varato qualche anno fa dal governo Letta e arrivato alla scadenza.

La rivalutazione resterebbe piena (100%) per gli assegni fino a 3 volte il minimo (circa 1.500 euro), per passare all’85% su quelli tra 3 e 4 volte il minimo, all’80% su quelli tra 4 e 5 volte, al 60% tra 5 e 6 volte e al 50% per gli assegni superiori. La misura farebbe risparmiare circa un miliardo e mezzo in tre anni. Dopo il vertice di domenica Salvini e Di Maio hanno confermato nuovamente che Quota 100 e Reddito restano in piedi nonostante i tagli. L’assegno di cittadinanza dovrebbe partire a fine marzo 2019. Il costo scenderà così a 7 miliardi nel 2019 e a circa 8,1 dal 2020. Per le pensioni anticipate il governo stima che le adesioni saranno inferiori all’85%, di qui il risparmio. Ma di tagli aggiuntivi i due vice-premier non vogliono sentir parlare.

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