domenica 10 gennaio 2010
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Tutti via. La mediazione della Chiesa e dei volontari della Ca­ritas e delle parrocchie, con­dotta d’intesa con le forze dell’ordine, è stata fondamentale per sbloccare la situazione a Rosarno. Tra l’altra notte e ieri la maggior parte degli immigra­ti ha infatti lasciato sotto scorta il cen­tro agricolo calabrese alla volta dei centri di accoglienza di Crotone e Ba­ri. Sembra passata l’ondata di violen­za innescata dalla ’ndrangheta, che a­vrebbe deciso di sfrattare con la forza dalla Piana di Gioia Tauro gli immi­grati africani dopo averli sfruttati ne­gli agrumeti per anni. In questa stra­tegia, che probabilmente si chiarirà solo nelle prossime settimane, rien­trano le minacce portate da alcuni ro­sarnesi ai volontari, 'colpevoli' di a­ver curato con carità cristiana in que­sti anni i braccianti ammassati in con­dizioni inumane alla Rognetta e nel­l’ex Opera Sila. Re­sta comunque alta la tensione e la co­munità ecclesiale ieri ha lanciato un appello perché ces­sino le aggressioni. Bartolo Mercuri, dell’associazione «il Cenacolo», ha aiuta­to per anni centinaia persone seguite solo dalla comunità ecclesiale. Ieri era nei due rifugi abusivi a organizzare le par­tenze con le autorità di Pubblica sicu­rezza. «Questi poveracci – spiega Mercuri – non hanno nemmeno gli occhi per piangere, venivano sfruttati e viveva­no come bestie. Per una cassa di agru­mi da 18 chili prendevano un euro in nero. La maggior parte di loro co­munque era in regola e ha accettato di andarsene perché temeva per la pro­pria vita». Da due mesi una re­te di parrocchie aiu­tava ogni giorno al­l’alba i disperati che uscivano per venire reclutati dai capora­li in campagna. «Altro che razzismo – sbotta il parroco don Peppe Tripodi – ogni mattina i volontari delle par­rocchie circostanti e cittadini porta­vano qui la colazione e spesso orga­nizzavamo pranzi » . L’ultima volta è stato all’Epifania, quando 100 volon­tari e una parte degli ospiti hanno pu­lito l’area e poi hanno mangiato in­sieme. «Le priorità – conferma il vicario epi­scopale don Pino Demasi – erano far cessare gli scontri e salvare le vite uma­ne. Per farlo occorre­va una mediazione con gli immigrati. Noi l’abbiamo con­dotta l’altra notte, si fidano perché da an­ni li aiutiamo. La Pre­fettura ha garantito che non vi sarebbe­ro stati arresti, dato che si tratta so­prattutto di persone in regola. Ora lan­ciamo un appello ai cittadini perché cessi ogni forma di violenza». Non si tratta del primo scontro a Ro­sarno, dove dal 1992 gli africani sono state più volte vittime di aggressioni, e­storsioni e rapine. Nel dicembre 2008, dopo il ferimento di due ivoriani, i braccianti si rivoltarono marciando sul comune e bruciando alcuni cassonet­ti. Stavolta è andata diversamente. «A mio avviso dietro gli scontri ci so­no le cosche – prosegue don Pino – che controllano il racket del lavoro nero. Probabilmente il ferimento con fuci­late a pallini dei due immigrati che ha scatenato gli scontri è stato un regola­mento di conti. Nei centri, però, qual­cuno ha fatto girare la voce che erano stati uccisi quattro loro 'fratelli'. Da qui la reazione violenta dei braccian­ti, già esasperati da una situazione di totale ingiustizia. La ’ndrangheta non poteva tollerare la ribellione e ha de­ciso che gli africani dovevano lasciare per sempre Rosarno. Non so come li vuole sostituire, lo vedremo. Intanto ha centrato l’obiettivo cavalcando la protesta. In questa scelta rientrano le minacce subite dai volontari della Ca­ritas e delle associazioni che li hanno sempre aiutati. Respingo invece la giu­stificazione razzista, nella Piana di Gioia Tauro c’è molta solidarietà. In questi giorni tante persone hanno na­scosto stranieri in casa. Purtroppo lo Stato l’abbiamo vi­sto solo in queste o­re ». L’ipotesi che le co­sche abbiano aizza­to e cavalcato la guerriglia urbana è presa in seria consi­derazione dagli in­quirenti. Ieri intan­to sono giunti 440 immigrati al Centro di prima accoglienza di Crotone, tutti in regola o comunque senza decreto di espulsione. Liberi di muoversi, al­meno 300 sono ripartiti in treno per Lamezia Terme e poi per Napoli. Gli altri sono arrivati stanotte al Centro di accoglienza di Bari, dove la diocesi og­gi pomeriggio incontra gli esponenti prefettizi per predisporre gli interven­ti umanitari.
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