sabato 27 luglio 2019
Dopo l'ordinanza della Regione Lazio qualcosa si muove, ma tutto resta molto complicato. Soffrono anche Campania e Puglia per i ridotti conferimenti a Nord.
L'aiuto esterno per gli indifferenziati funziona. Ma è emergenza umido
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Sta funzionando l’aiuto esterno a Roma per lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati. Ma per la Capitale potrebbe presto diventare un gravissimo problema la gestione dell’umido. Già lo si vede dai cassonetti pieni e dai "ruscelli" di percolato maleodorante, segno della non tenuta. Una situazione provocata dalla riduzione dei conferimenti negli impianti del Nord (soprattutto Veneto e Friuli).

Ci sono alcune inchieste in corso che fanno ridurre le quantità accettate. E così Roma soffre, ma non come altri centri del Lazio, della Campania e della Puglia, ma solo perché paga anticipatamente le aziende. Molti sindaci di queste regioni stanno indicando ai cittadini di mettere i rifiuti organici in quelli indifferenziati. Che finiscono così nei Tmb e negli Stir, ingolfandoli. Alcuni hanno fatto addirittura ordinanze giustificandosi con l’impossibilità di disporre di impianti di trattamento. Molti di più lo fanno senza dirlo. Sarà il destino di Roma che non ha alcun impianto proprio e ha bocciato anche i due progetti dell’Ama? O ancora una volta saranno i privati a salvarla a caro prezzo?

Andiamo con ordine. L’aiuto di aziende pubbliche e private, non romane, sta funzionando anche se per il momento i rifiuti prodotti non sono diminuiti. Cominceremo a vedere qualche rallentamento dal 3 agosto. Ma andrà avanti per poco più di un mese, fino alla riapertura delle scuole. Poi riprenderà il ritmo ordinario, a ottobre-novembre si accumuleranno i guai e a dicembre si sarà nuovamente in emergenza.

Il Tmb di Roccacencia, l’unico di Ama, al momento sta reggendo ma più giorni passano e più si avvicina il rischio di guasti anche gravi. Il tritovagliatore mobile di Ostia sta lavorando poco, quasi niente, per evitare le proteste dei M5s locali. Gli altri impianti privati prendono quanto avevano promesso. Ma il sistema gira solo grazie al fatto che le tre discariche operative – Colleferro, Roccasecca e Viterbo – prendono i rifiuti di Roma (ma tra pochi mesi chiuderanno). E intanto la sindaca Raggi continua a dire "mai una discarica".

Ma dopo l’ordinanza del presidente Zingaretti, la Regione ha pronto il piano regionale dei rifiuti nel quale dirà: «Cara Roma, tu sei un Ambito territoriale ottimale (Ato) distinto da tutti gli altri del Lazio. Come tutti gli altri hai indicato le zone bianche dove è possibile realizzare impianti. Io ti dico che hai bisogno di una discarica di servizio, dunque falla». Roma risponderà: «Non faccio niente», ma a quel punto i privati proprietari dei terreni nelle aree bianche presenteranno progetti alla Regione che dirà: «Rientrano in zona idonea, nel piano regionale è prevista una discarica di servizio, quindi il progetto è conforme, dunque si rilascia l’autorizzazione». Raggi andrà coi comitati a protestare, avendo però perduto un’occasione gigantesca, perché la discarica andava fatta fare ad Ama, quindi pubblica, risparmiando un sacco di soldi. Invece dovranno pagare tantissimo i privati. Dopo essere stata per decenni monopolizzata dal privato Cerroni, la Capitale finirebbe nuovamente in mano a un oligopolio.

Proprio Cerroni, pur commissariato, sta facendo la ristrutturazione dei due Tmb di Malagrotta (uno dei motivi dell’attuale sofferenza) e si spartirà con gli altri privati i rifiuti di Roma. Privati che nel frattempo si saranno fatti la loro discarica di servizio. E non solo. Saltati i due impianti di compostaggio, si potrebbe ripetere il discorso delle discariche. Nelle aree bianche i privati potrebbero mettersi d’accordo, uno fa la discarica, uno un Tmb e uno il compostaggio. Si spartiscono tutto e Roma dovrà pagare tutto, per gli organici, per quelli indifferenziati da trattare e per quelli da smaltire. Ad Ama non resterà nulla, solo la raccolta. Braccia e carrette. Niente più.

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