mercoledì 25 gennaio 2023
Venuto fuori da uno scavo abusivo trent'anni fa, adesso è uno scrigno di biodiversità quasi unico al mondo in uno dei più inquinati quartieri capitolini. Nel mirino della speculazione edilizia
Il lago del tesoro al Prenestino. Che vogliono rubare
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Non l’isola, ma il lago del tesoro. Che vogliono rubare. Ma adesso un mezzo, ingarbugliato colpo di scena guasta le feste. Passo indietro. Al Prenestino c’è inquinamento da far cadere le braccia e i polmoni, altissima densità abitativa, quasi niente verde. Però nel mezzo del quartiere capitolino, trent’anni fa, salta fuori uno scrigno di biodiversità (quasi unico al mondo) grazie a una falsificazione riuscita male e uno scavo dilettantesco.

Maggio 2017, scrive la World Commission on environment and development che “le imprevedibili interazioni di attori e processi connessi, in particolare il fallimento sia della pianificazione pubblica che delle azioni illegali della proprietà privata, hanno plasmato un frammento di area verde di alto valore”. Sarebbe a dire il lago “Ex Snia-Viscosa” appunto al Prenestino, quadrante est di Roma.

Dieci ettari, sei dei quali già ‘Monumento naturale’. Il resto, intorno, non è ancora protetto, nonostante la promessa della Regione Laziodi farlo e un decreto mai firmato dal presidente uscente Nicola Zingaretti. Insomma, un lago che davvero tesoro inaspettato per questo quartiere. Non fosse che, sempre da trent’anni, c’è chi vorrebbe spazzarlo via per fare (parecchi) soldi con il cemento.

Così, mentre la “Ponente 1978 srlmanda ogni tanto le sue ruspe a fare un giro (come a dicembre) per ricordare quanto le faccia gola, Comune e Regione ballano da una parte all’altra, almeno fino a ieri... Intantol’Ispra ripete che il lago non va toccato, all’inizio della storia i magistrati scoprirono quasi subito il gioco delle tre carte e la gente del quartiere non molla.

Eppure sul sito proprio della Regione si legge che l’area è anche stata “importante punto di riferimento durante la resistenza romana al nazifascismo e teatro d’importanti vertenze collettive per il benessere dei lavoratori”. Ma soprattutto la stessa Regione Lazio, con decreto del suo presidente, il 30 giugno 2020 ha appunto istituto il “Monumento naturale ‘Lago ex Snia’”, perché – fra l’altro – “l’area presenta grande valenza naturalistica ed elevate potenzialità di rinaturalizzazione spontanea e guidata” e “nell’area industriale abbandonata” (che è complesso di archeologia industriale), “sulla scarpata ovest del laghetto si è formata una macchia di carattere mediterraneo”.

Quanto al Comune, il Dipartimento urbanistica ha silenziosamente rilasciato a fine 2022 il permesso di costruire alla ‘Ponente 1978’: “Non riguarda l’area del monumento naturale, bensì gli edifici limitrofi, a oggi esclusi dal perimetro del monumento naturale stesso” - ha poi spiegato giusto di recente l’assessore comunale all’Urbanistica, Maurizio Veloccia -, ma, per carità, solo un “restauro nel solco di un originario uso riproduttivo”. Aggiungendo che “per quanto concerne l’ex sito industriale limitrofo al lago, il suo recupero potrà avvenire solo sulla base delle risultanze circa la conclusione dell’iter di allargamento del Monumento Naturale” (e perché allora già aver rilasciato il permesso? Ndr). E “qualora l’auspicabile estensione della tutela sarà confermata – è andato avanti l’assessore -, anche le destinazioni d’uso saranno da conformare secondo il regolamento del Monumento stesso, viceversa si dovrà procedere attraverso l’avvio di un procedimento urbanistico”.

Tradotto, tutto ancora è possibile.

Solo che ieri l’approvazione di una mozione del Consiglio comunale ha spiazzato la Giunta, ha sparigliato le carte, rafforzato il lago e la sua gente, probabilmente anche rovinato il sonno al costruttore. L’assemblea capitolina ha infatti impegnato sindaco e appunto Giunta a fare in modo che l’intera area ex Snia diventi monumento naturale. In realtà non ha poteri in questo senso - a parte, magari, risparmiarsi autorizzazioni a costruire -, però adesso la patata bollente è nelle mani della Regione Lazio (col sindaco che nemmeno potrà restarsene alla finestra). E per l’assemblea regionale del Lazio si vota fra meno di tre settimane…

Ma andiamo per ordine. La fabbrica Snia-Viscosa apre qui il 5 settembre 1923 (circa 2.500 occupati, la metà donne) e chiuderà nel 1954. Il 23 marzo 1990 la “Pinciana 188” compra da “Immobiliare Snia” il terreno e quel che resta del complesso, il 2 aprile chiede la concessione edilizia a Comune e Regione per costruire un megacentro commerciale (otto piani, centomila metri cubi, sessantamila metri quadri di garage e servizi) e il via libera dalla arriva in meno di due mesi, il 30 maggio. Il 7 novembre 1990 la “Pinciana 188 ” viene assorbita dalla “Ponente 1978 srl”. Nel 1992 iniziano i lavori, lo sbancamento per il parcheggione intercetta la falda (appena cinque metri sotto il piano campagna) e si forma un laghetto di diecimila metri quadri, profondo da due a sei. Provano anche a svuotarlo nelle fogne, le tubature collassano, finisce sott’acqua largo Preneste.

La magistratura scopre che per ottenere la concessione è stata falsificata la planimetria e lì nemmeno invece si potrebbe solo pensare di costruire, così il 22 giugno 1992 la Regione annulla la concessione.

Finita? Macché. La “Ponente 1978” ricorre contro l’annullamento al Tar e al Consiglio di Stato e incassa una doppia bocciatura: nel 1996 dal Tribunale amministrativo, nel 2007 dal Consiglio.

Il 9 febbraio 1993 viene ordinata la demolizione di quanto costruito grazie alla concessione annullata (lo scheletro del parcheggione), ma parte un altro ricorso al Tar del costruttore che il Tribunale accoglierà parzialmente, perché – scriveranno il 1 luglio 2010 i giudici amministrativi – “l’amministrazione tace sul punto, avendo omesso ogni utile accertamento al riguardo”. Il Comune nemmeno mostra troppa voglia di ricorrere al Consiglio di Stato, poi, per le pressioni del quartiere e delle opposizioni, lo fa nel febbraio 2011.

A proposito, via via qui si vogliono realizzare abitazioni per gli studenti della facoltà d’Ingegneria della “Sapienza”, poi le piscine per i mondiali di nuoto del 2006, poi quattro torri da trenta piani ciascuna, idea che alla “Ponente 1978” viene nel 2010. Tutto rimasto (finora) sulla carta. Ma nessuno può giurare ci resti ancora.

Tant’è, come detto, che lo scorso novembre spunta dal nulla un’autorizzazione a costruire, quella alla quale si riferisce l’assessore Veloccia, che già di suo è provvedimento strano, visto che dal 2013 quanto resta della fabbrica ex Snia è ufficialmente appunto “archeologia industriale”. Autorizzazione che, prima della mozione approvata ieri, pareva proprio volesse fare sponda al decreto promesso e mai arrivato dalla Regione. Anche perché il “Forum territoriale del Parco delle energie” (l’ente civico costituito dagli abitanti per tutelare l’area contro le speculazioni), nonostante partecipi ai tavoli con la Regione per l’allargamento del monumento naturale, cade dalle nuvole, non ne sapeva nulla. E riprendono le manifestazioni di (civilissima) protesta per difendere il suo lago del tesoro. Con speranze, adesso, più sostanziose.

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