mercoledì 31 marzo 2021
La chiusura della discarica di Roccasecca getta nuovamente nel caos la raccolta e la Regione chiede il supporto di Abruzzo, Toscana, Marche e Puglia. Bisogna smaltire almeno 700 tonnellate al giorno
Cassonetti stracolmi di immondizia a Roma in una foto d’archivio

Cassonetti stracolmi di immondizia a Roma in una foto d’archivio - Ansa

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Ancora una volta saranno (forse) altre Regioni a salvare Roma dall’essere nuovamente invasa di rifiuti per strada proprio a Pasqua. Ancora una volta la cronica carenza di impianti porta la Capitale in emergenza. Questa volta è bastato l’annuncio della chiusura della discarica di Roccasecca, in provincia di Frosinone, dove finisce parte dei rifiuti romani dopo essere stati trattati nei Tmb dell’Ama e di alcuni privati. La decisione di ricorrere agli impianti di altre regioni è emersa dalla lunga riunione che si è svolta ieri tra rappresentanti di Regione Lazio, Campidoglio, Prefettura di Roma e Arpa Lazio.

Un incontro che ha confermato le posizioni lontanissime tra Regione e Comune e al quale non ha partecipato l’Ama, azienda municipalizzata, in evidente difficoltà anche per ostacoli posti dalla stessa amministrazione comunale. Toccherà così a Nicola Zingaretti chiedere l’aiuto degli altri governatori, in particolare di Abruzzo, Toscana, Marche e Puglia, con le quali erano stati stretti degli accordi lo scor- so anno, in occasione dell’ultima emergenza, e che sono validi per tutto il 2021. Vanno riattivati, per riuscire a smaltire almeno le 700 tonnellate al giorno che prima finivano a Roccasecca. La Regione precisa che «per sottoscrivere tali accordi, però, è necessario che Ama formalizzi le quantità dei rifiuti da conferire fuori Regione e proceda con l’individuazione degli operatori privati e la conseguente stipula dei contratti».

Ovviamente con costi molto più alti, anche il doppio, rispetto a quelli se ci fossero impianti sufficienti a Roma e nella Regione. Ma non ci sono. Così, malgrado nel 2020 la città, a causa della pandemia e del lockdown, abbia prodotto il 40% in meno di rifiuti, si è nuovamente sull’orlo del baratro. Proprietaria dell’impianto in chiusura è la società Mad, il cui titolare Valter Lozza il 16 marzo è stato arrestato per corruzione insieme alla responsabile della direzione rifiuti della Regione Lazio, Flaminia Tosini. La discarica era già in esaurimento e, infatti, bloccato ancora l’iter per una nuova discarica a Monte Carnevale, finita proprio nell’inchiesta, si stava procedendo per un ampliamento di Roccasecca.

Ma cinque giorni fa Mad ha annunciato che chiuderà i battenti il 31 marzo e che si blocca la procedura per un nuovo invaso. Un ampliamento che, oltretutto, trova la forte opposizione dell’amministrazione del comune frusinate. Ma la Regione insiste e ieri ha fatto sapere che «gli uffici tecnici valuteranno il procedimento amministrativo in fase di istruttoria per l’apertura del quinto invaso della discarica di Roccasecca». Intanto è scontro col Campidoglio, con l’Ama in mezzo, sulla possibilità che l’impianto Tmb Ama di Rocca Cencia possa aumentare la propria capacità di trattamento, così come l’ampliamento dell’area di trasferenza dei rifiuti, usata in occasione di altre emergenze come area di stoccaggio provvisorio. I tecnici comunali hanno annunciato che gli uffici esprimeranno parere negativo nella Conferenza dei servizi per il rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale richiesta dall’Ama per il Tmb, perché l’impianto è destinato alla chiusura nei prossimi mesi.

Anche su questo impianto c’è un’inchiesta della magistratura. Ma se chiudesse Rocca Cencia, dopo la chiusura del Tmb di via Salaria in conseguenza di un grave incendio nel dicembre 2018, resterebbero solo gli impianti privati, alcuni fuori provincia. Accetteranno di ricevere le 600 tonnellate che ogni giorno venivano trattate a Rocca Cencia? E comunque i Tmb, lo ricordiamo, trasformano solo i rifiuti indifferenziati in altri rifiuti, 'secco' e 'umido', che devono poi essere smaltiti in altri impianti, discariche o termovalorizzatori, che nel Lazio sono perennemente insufficienti. E così i camion riprendono a viaggiare fuori regione.

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