mercoledì 4 novembre 2020
Il fotoreporter fu ucciso mentre seguiva i combattimenti tra i separatisti e l'esercito di Kiev, nel quale si era arruolato Vitaly Markiv, cittadino italiano di origine ucraina
Andrea Rocchelli, il fotoreporter italiano di 30 anni che venne colpito a morte in un'imboscata vicino Sloviansk in Ucraina

Andrea Rocchelli, il fotoreporter italiano di 30 anni che venne colpito a morte in un'imboscata vicino Sloviansk in Ucraina - Ansa

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Si è concluso con l’assoluzione dell’unico imputato il processo d’appello per l’uccisione nel Donbass del fotogiornalista Andrea Rocchelli. In primo grado Vitaly Markiv, sergente della Guardia nazionale, con passaporto italiano e di Kiev, era stato condannato a 24 anni. Subito dopo la sentenza, emessa in tarda serata, Markiv è stato scarcerato «per non aver commesso il fatto».

Era il 24 maggio 2014 quando Andrea Rocchelli, fotoreporter freelance originario di Pavia, venne ucciso vicino a Sloviansk, nell’Ucraina Orientale, mentre documentava le condizioni dei civili intrappolati durante il conflitto del Donbass. Con lui morì anche Andrej Mironov, giornalista e attivista politico russo, entrambi colpiti da una scarica di colpi di mortaio durante gli scontri fra esercito e Guardia nazionale ucraini da una parte, e gli indipendentisti filorussi dall’altra. Un fotoreporter francese, William Roguelon, è rimasto gravemente ferito.

«In questo processo non si fa politica, non si prende posizione per lo Stato ucraino o per i separatisti: qui si esamina soltanto un reato e la sua responsabilità». Sono parole del procuratore generale di Milano, Nunzia Ciaravolo, nella sua requisitoria davanti alla Corte d’assise d’appello di Milano. Per la pg è stato trasformato un processo in un caso diplomatico con un intento «diffamatorio per l’autorità giudiziaria italiana».

«Mi sono sempre proclamato innocente, mi proclamo innocente e lotterò sempre per la mia innocenza», ha dichiarato Vitaly Markiv. L’avvocato della difesa, Raffaele Della Valle, aveva chiesto di effettuare un sopralluogo sulla collina da cui partirono i colpi mortali. Una richiesta ribadita dall’imputato anche nelle sue dichiarazioni spontanee, prima della camera di consiglio.

Sulla morte di Rocchelli era stata aperta un’inchiesta della procura di Pavia e il processo di primo grado si è concluso nel luglio 2019 con la condanna a 24 anni di reclusione per il cittadino italo-ucraino Vitaly Markiv, già membro della Guardia nazionale ucraina.

Markiv, nato nel 1989, da ragazzo si era trasferito in Italia, dove aveva acquisito la cittadinanza. All’esplosione del conflitto del Donbass è tornato nel Paese d’origine arruolandosi da volontario. Viene arrestato nel luglio 2017, al suo arrivo all’aeroporto di Bologna, e accusato di concorso in omicidio volontario. La pena inflitta dalla Corte d’Assise, più pesante di sette anni rispetto alla richiesta del pm Andrea Zanoncelli, è stata contestata dalle autorità ucraine.

La sentenza di primo grado ha tra l’altro stabilito che non si possono attribuire genericamente alla guerra le responsabilità per l’uccisione dei giornalisti, spesso testimoni scomodi, ignorando crimini di guerra e responsabilità personali.

Non sono mancate anche in Appello tensioni e minacce rivolte via social alla famiglia Rocchelli e all’avvocato Alessandra Ballerini. Al loro fianco si è costituita parte civile la Federazione nazionale della Stampa. Le udienze sono state seguite anche da “Ossigeno”, l’osservatorio sui cronisti minacciati.




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