Eugenia Roccella - FOTOGRAMMA
I fondi per combattere il declino demografico ci sono, perché sono stati già stanziati con la precedente legge di bilancio. In tempi di magre risorse pubbliche, è la rassicurazione che Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, dà in questa intervista. Ma sottolinea come, accanto all’investimento finanziario, sia necessario uno scatto culturale, il raggiungimento di una consapevolezza finalmente collettiva: «Senza figli non c’è futuro».
Ministra, cominciamo dall’assegno unico: quale immagine ne danno i dati Inps?
È una misura che si sta evolvendo. Abbiamo iniziato a intervenire sulle criticità, e abbiamo introdotto aumenti significativi con la legge di bilancio, aumenti che le famiglie già stanno avvertendo: per esempio, per una famiglia numerosa con quattro figli l’importo può essere passato da 1.070 a 1.300 al mese. Una valutazione più compiuta comunque potrà essere fatta solo a fine anno.
È uno strumento che può aiutare davvero la lotta alla denatalità o è destinato ad essere “solo” uno strumento di sostegno al reddito delle famiglie?
Per noi la famiglia e la demografia sono una questione strategica che attraversa tutta l’azione di governo. Abbiamo già iniziato a operare di conseguenza: dai sostegni per le bollette alla riforma del fisco, dagli incentivi alle imprese alla misura che sostituirà il reddito di cittadinanza: il fattore figli per noi è un criterio centrale in ogni ambito. L’assegno unico non è dunque l’unica misura che può aiutare la famiglia e sostenere la natalità, è uno fra gli interventi in campo.
La premier Meloni, all’atto del varo del Def, ha chiesto esplicitamente risorse contro la denatalità? Si riferisce al potenziamento dell’assegno unico? In quale direzione?
Giorgia Meloni ha indicato la lotta alla denatalità fra le priorità assolute del governo. E il potenziamento ulteriore dell’assegno unico è nelle nostre intenzioni e rientra in questa strategia. Va detto anche, però, che in questo momento l’assegno è oggetto di una procedura di infrazione europea su un punto molto importante come quello della cittadinanza. Siamo impegnati a difenderlo.
Ci sono i margini economici per investire contro il crollo demografico?
Un miliardo e mezzo è già stato stanziato con la scorsa legge di bilancio, e non esistono molti precedenti di un governo che abbia destinato alle famiglie una cifra simile. Lo abbiamo fatto, fra l’altro, in piena emergenza energetica, garantendo alle famiglie anche l’aiuto che chiedevano sul caro energia. Soprattutto in quadro di risorse limitate, è una questione di scelte: noi abbiamo scelto di investire sulle famiglie, di abbassare il cuneo fiscale per far crescere i salari, di liberare energie per favorire lo sviluppo e agevolare un clima favorevole alla natalità.
Ovviamente la denatalità non ha solo motivi economici ma anche culturali: lì è più difficile intervenire, è al lavoro anche su questo fronte?
Certamente, e non è un caso che questo governo abbia dedicato alla natalità un ministero. Prima d’ora non c’era mai stata un’attenzione specifica, occuparsi di natalità sembrava quasi politicamente scorretto, per non dire della genitorialità e in particolare la maternità. Fare figli deve tornare ad avere quel carattere socialmente premiante che si deve a chi fa qualcosa di cui beneficia l’intera società. Perché senza figli non abbiamo futuro.
È una fase in cui si sta rivedendo il Pnrr. Si discute anche di nidi, e spesso nelle gare c’è lo strano meccanismo per cui si può averne altri dove ce ne sono già diversi, a discapito di aree in cui non ce ne sono. Invertirete questi meccanismi bizzarri?
In realtà è il contrario: c’è stata un’attenzione particolare e specifica nei confronti del Mezzogiorno in questo ambito, proprio per rimediare a una storica carenza di servizi per l’infanzia. È vero però che c’è un problema antico, che non riguarda solo gli asili nido e neanche solo il Pnrr: i piccoli comuni e delle aree più fragili sono spesso meno attrezzati dal punto di vista del personale e delle competenze, e incontrano maggiori difficoltà nell’impiego delle risorse. Sono comunque problemi che il governo sta affrontando.
Lavoro femminile e servizi, che cosa intendete fare?
Promuovere con diversi strumenti il lavoro femminile e i servizi di prossimità. Dalla certificazione prevista dal Pnrr a un nuovo codice di autodisciplina per le imprese, fino a un piano per la natalità al quale stiamo lavorando per coinvolgere lo Stato, gli enti locali, le aziende, il Terzo settore, le parti sociali in uno sforzo comune per tornare a mettere al centro la genitorialità.
Il governo è alla prova della riforma del Reddito di cittadinanza. Lei ha annunciato un’attenzione ai carichi familiari, vigilerà perché di questo strumento non siano private famiglie che ne hanno davvero bisogno?
Il Reddito di cittadinanza è stato fonte di grandi ingiustizie. La famiglia è evidentemente un concetto ben poco considerato da chi l’ha ideato. E invece il problema della povertà investe in primo luogo le famiglie con figli e l’età infantile. La misura che sostituirà il reddito di cittadinanza avrà la famiglia come criterio centrale.