venerdì 5 aprile 2019
Ok al 90% dei rimborsi dall'eurocommissaria alla Concorrenza. Salvini: l’oltranzismo non risolve nulla. Il capo del M5s a Conte: difendi la maggioranza, indennizzi diretti ora. Timori da Palazzo Chigi
I ministri del Lavoro Luigi Di Maio (a sinistra) e dell'Economia Giovanni Tria nell'aula di Montecitorio

I ministri del Lavoro Luigi Di Maio (a sinistra) e dell'Economia Giovanni Tria nell'aula di Montecitorio

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Segnali di schiarita sul nodo dei rimborsi ai risparmiatori "truffati" dalle banche. Il ministro dell'Economia Giovanni Tria con un tweet rassicura sulle sue intenzioni: «Vogliamo indennizzare tutti, bisogna fare in modo che i risparmiatori possano essere pagati tutti. Sarà fatto tutto in regola». Non solo: sulle norme per rimborsare i risparmiatori delle banche c'è, da alcuni giorni, l'accordo con la Ue, spiegano fonti del Ministero dell'Economia, aggiungendo che la direzione generale della Commissaria europea per la Concorrenza, la danese Margrethe Vestager, ha dato l'ok alla deroga sociale. Quella cioè che prevede rimborsi automatici per il 90% della platea dei risparmiatori. Le verifiche ci sarebbero dunque solo sul restante 10%. Tra i risparmiatori ci sono anche gli azionisti. I paletti per avere diritto al rimborso sono: Isee di 35mila euro e un patrimonio di 100mila euro. I testi dell'accordo sono chiusi, e già consegnati a Palazzo Chigi, sottolineano le fonti.

La giornata di ieri si era chiusa con uno scontro molto duro proprio su questo nodo «Se non ci fosse il Def la settimana prossima...», aveva detto Luigi Di Maio uscendo dal consiglio dei ministri. Una riunione di tre ore, il massimo dall’inizio della legislatura, ma infruttuosa. Non solo per il decreto crescita varato «salvo intese», ma anche per la fumata nerissima sul tema più caldo, i rimborsi per i risparmiatori "truffati" dalle banche fallite negli scorsi anni. Parole tirate via con un sorriso nervoso a conferma che l’intero pomeriggio è stato un tormentato botta e risposta con il ministro dell’Economia Giovanni Tria. «Su questo provvedimento – ha alzato la voce ad un certo punto il vicepremier M5s, rivolgendosi sia al titolare del Tesoro sia, a sorpresa, al premier Giuseppe Conte – ci stiamo giocando la faccia. Occorre tutelare la maggioranza che sostiene questo governo, ne siamo tutti responsabili, non solo io e Salvini». E tutti hanno capito che «faccia» si traduce con «voti». «Non voglio prese in giro», ha insistito poi Di Maio con il Tesoro.

Ma Tria, forse per la prima volta da quando si è insediato, ha tenuto il punto fino in fondo. La proposta con cui è arrivato in Cdm non è mai mutata. Una norma regolatoria nel dl-crescita e poi dei decreti attuativi «a firma immediata» che avviano la redistribuzione dei soldi su due canali: in modo diretto per risparmiatori con Isee inferiore a 36mila euro, attraverso una Commissione arbitrale per chi non ha bisogno di soldi subito per tirare avanti. Una soluzione che ha il via libera informale della Ue. Ma nella stanza del Cdm aleggiano le promesse che Di Maio e Salvini hanno diffuso prima e dopo la campagna elettorale: ristoro diretto a tutti, subito, senza distinguo. Promessa corroborata, tra l’altro, dalla recente sentenza della Corte di giustizia Ue che ha "condannato" la Commissione per le restrizioni che ha imposto all’Italia nelle ultime crisi bancarie.

Qualcuno dovrebbe fare un passo indietro, ma non accade. E dopo trenta minuti di tira e molla, si è passato oltre. Il premier Giuseppe Conte ha cercato di stabilire un criterio: «È chiaro a tutti che questa è una misura dal forte impatto elettorale, tuttavia l’attività del governo non deve restare paralizzata dal voto europeo, dobbiamo prendere una decisione». Una premessa, però, poco apprezzata. Nel frattempo, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti entrava e usciva dall’aula del Cdm per cercare una soluzione tecnica che però, al momento, non c’è. Arrivati al bivio, e a un passo dalla rottura, la soluzione salomonica: il tecnico Tria "perde", nel senso che nel decreto-crescita non entra niente e le misure vengono rinviate ad un Cdm ad hoc che si dovrebbe svolgere martedì, alla vigilia, tra l’altro, della scadenza per la presentazione del Def, il 10 aprile.

M5s può dire fuori da Palazzo Chigi di aver vinto, di aver evitato che nel dl-crescita entrasse la linea del Tesoro. Ma le successive parole di Di Maio sono l’implicita ammissione che il Movimento non ha vinto, bensì ha affidato a Conte un’ultima difficile mediazione. «Non si fa nessuna norma senza accordo dei risparmiatori», dice per annunciare, lunedì, un incontro tra il premier e le associazioni dei risparmiatori cui forse parteciperà anche lui. In queste 96 ore il premier potrà migliorare la proposta-Tria, ma in sostanza tocca a lui assumersi il peso: o vince le resistenze del Tesoro o fa digerire ai "truffati" un compromesso molto al ribasso rispetto alle promesse (uno schema già utilizzato per la retromarcia M5s sulla Tap).

«La prossima settimana è decisiva, la pazienza è finita, vogliamo i ristori diretti», ripete Di Maio. Ma non è in pieno la posizione di Matteo Salvini. Perché da Parigi il vicepremier leghista manda un messaggio controcorrente: «Basta con i "no" e le lentezze che bloccano il Paese». Sembra un "rimprovero" generale sul dl-crescita, ma in realtà si riferisce anche all’"oltranzismo" M5s sul tema dei rimborsi. «Vogliamo risposte serie e reali ai risparmiatori», incalza il leader del Carroccio. «Serie e reali», è l’interpretazione, posiziona Salvini più vicino a Tria (e Conte) che a Di Maio.

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