giovedì 14 marzo 2013
Il Pd non ha accordi con il M5S, e ora anche Monti chiude la Porta.I parlamentari grillini oggi rendono noti i loro candidati: non voteranno l’esponente Pd al Senato anche se dovessero incassare la Camera. Il premier uscente, forse decisivo a Palazzo Madama, pretende il coinvolgimento del Pdl. Nuove tensioni con il Colle.
Renzi si fa avanti: pronto alla premiership
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​A 24 ore dalla prima seduta di Camera e Senato, il Pd non ha uno straccio di accordo per i presidenti. Non c’è accordo con M5S, perché i grillini non forniscono la garanzia di sostenere il candidato democratico a Palazzo Madama in cambio dell’appoggio del Pd al loro uomo per Montecitorio (e soprattutto non danno la fiducia a un eventuale governo Bersani). E si allontana anche l’intesa con i montiani, che ieri, con il neo-coordinatore Andrea Olivero, hanno fissato la linea: niente appoggio senza un patto di legislatura più ampio che comprenda anche formazione dell’esecutivo e Colle, con apertura al Pdl nel nome delle larghe intese.Il disegno dei Democratici.Ormai il progetto di Pier Luigi Bersani è chiaro. Uno o una grillina (Marta Grande?) a Montecitorio, Anna Finocchiaro al Senato, alla quale sarebbe poi delegato il tentativo di formare un governo istituzionale dopo l’eventuale fallimento del tentativo del segretario di ottenere la fiducia dalla formazione di Beppe Grillo. Ma a Palazzo Madama il disegno s’inceppa perché M5S voterà il suo candidato. E allora si guarda a Monti, e qui nasce l’intoppo.La strategia dei grillini. M5S è irremovibile. Oggi - tra tensioni interne - sceglierà i propri candidati per Montecitorio e Palazzo Madama. Saranno indicati con una votazione che si annuncia non scontata, perché i gruppi regionali non vanno propriamente d’amore e d’accordo. Il dato politico è che i Cinque Stelle non sono disposti ad offrire la preferenza ad altri al Senato, anche se incassassero la Camera. Dunque il loro comportamento in un eventuale ballottaggio è del tutto imprevedibile. Diverso sarebbe se il Pd proponesse un nome diverso da Anna Finocchiaro, come l’ex procuratore antimafia Pietro Grasso.Il "no" di Supermario: non saremo una stampella.  Al termine di una riunione abbastanza tormentata, il rassemblement che fa riferimento al premier uscente ha scelto di declinare le offerte del Pd, che si sarebbero spinte sino alla scelta comune del presidente del Senato. Perché? Olivero è netto: «Dagli incarichi istituzionali capiremo se esiste una maggioranza riformista». Tradotto per i non addetti ai lavori: la gestione delle presidenze deve andare nettamente verso un coinvolgimento pieno del Pdl, mettendo nell’angolo l’anti-europeismo di Grillo.Il rischio stallo a Palazzo Madama.Senza i voti di Monti, il Pd non ha la certezza di mettere Anna Finocchiaro (o chi per lei) sullo scranno più alto del Senato. Dal terzo turno in poi, infatti, si procede con il ballottaggio tra i primi due candidati. E lo scarto di seggi tra democrat e piediellini è minimo. I montiani potrebbero astenersi, o addirittura favorire il riequilibrio votando il candidato Pdl. E cosa dire dell’eventualità che il Pdl sostenga il presidente designato da M5S? O che berlusconiani e grillini facciano mancare il numero legale? Si tratterebbe di uno stallo totale. A fronte di scenari del genere, il Pd potrebbe cambiare strategia alla Camera e mettere in cassaforte almeno una casella di vertice, occupandola con Dario Franceschini. Ma significherebbe ammettere che non ci sono più margini di governabilità con M5S.Nuove tensioni tra Colle e Bersani.Il tempo stringe. E il Quirinale pressa. Anche ieri ha fatto arrivare al segretario Pd un monito chiaro: per ottenere il mandato, deve portare numeri certi. Una presa di posizione che sembra spingere Bersani a un bivio: o porta l’Italia al voto a giugno (con lui ancora candidato-premier) o accetta di trattare con Berlusconi e Alfano. Magari stasera, in extremis. Il Pd è già pronto a spaccarsi: i moderati vogliono seguire la strada che traccerà il Colle almeno per ritardare le urne e investire poi sulla leadership Matteo Renzi.
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