martedì 3 marzo 2020
In Francia, Svizzera, Croazia, Spagna, Malta indagini contro chi salva o aiuta richiedenti asilo. In Italia - 118 mila i salvati - archiviati 7 dei 13 procedimenti contro Ong. E ancora nessun processo
Edirne (Turchia): profughi siriani al confine tra Turchia e Grecia

Edirne (Turchia): profughi siriani al confine tra Turchia e Grecia - ANSA

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Salvare naufraghi che stanno per affogare. Rifocillare e ospitare persone - tra cui donne e bambini - a rischio assideramento. Documentare abusi delle guardie di frontiera o opporsi ad espulsioni illegali. Non sono più azioni di solidarietà umana e di impegno civile, ma potenziali reati. Forze di polizia e magistratura in diversi paesi europei negli ultimi anni hanno spesso usato le leggi sugli ingressi illegali e perfino le norme antiterrorismo con lo scopo di colpire e intimidire i difensori dei diritti umani - sia organizzazioni umanitarie che singoli cittadini - che si sono adoperati per aiutare rifugiati, richiedenti asilo, migranti.

Amnesty International denuncia un uso politico della giustizia nel rapporto Punire la compassione: solidarietà sotto processo nella Fortezza Europa, un dossier di 92 pagine presentato oggi a Berna, Madrid, Parigi e Roma. Particolarmente dura l'azione svolta in Italia contro le ong di soccorso in mare, che tra 2015 e 2018 hanno salvato 118 mila vite umane. La criminalizzazione dei soccorritori è partita durante il governo Gentiloni con il ministro dell'Interno Marco Minniti ed è stata rafforzata col governo Conte 1 dai ministro dell'Interno Matteo Salvini e dal ministro dello Sviluppo economico e Lavoro Luigi Di Maio. Dei 13 procedimenti penali aperti, 7 sono stati archiviati, altri 4 dovrebbero seguire la stessa sorte. Tra 2015 e 2018 almeno 158 persone sono state indagate o perseguite, 16 ong hanno subito procedimenti penali.

«Poiché gli Stati europei non vengono incontro ai bisogni fondamentali dei rifugiati e dei migranti, spesso sono le persone comuni a fornire sostegno e servizi essenziali», dichiara Elisa De Pieri, ricercatrice di Amnesty International sull'Europa: «Punendo chi cerca di colmare questo vuoto, i governi europei stanno mettendo ancora più a rischio rifugiati e migranti». Il rapporto passa in rassegna casi esemplari di cittadini o organizzazioni che tra 2017 e 2019 «sono stati raggiunti da accuse pretestuose in Croazia, Francia, Grecia, Italia, Malta, Regno Unito e Svizzera - afferma la ricerca - e ore di lavoro delle forze di polizia, risorse giudiziarie e leggi contro le reti criminali del traffico di esseri umani sono ingiustamente destinate a perseguire chi aiuta i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti».

Buona parte dei casi illustrati da Amnesty International riguardano l'accusa di "favoreggiamento dell'ingresso irregolare". L'organizzazione sottolinea come sia completamente infondata un'accusa del genere rivolta alle ong in mare che - come tutti i natanti impegnati nel soccorso - sono coordinati dalla sala operativa centrale della Guardia costiera e chiedono di sbarcare i naufraghi in un porto sicuro, non su spiagge solitarie col favore delle tenebre.

Tra i casi eclatanti di criminalizzazione da parte della Fortezza Europa c'è ad esempio in Francia della guida alpina Pierre Mumber, condannato in primo grado per aver offerto tè caldo e vestiti a quattro richiedenti asilo dell'Africa occidentale, poi assolto in appello. Oltre alle Alpi Orientali, la Francia viene citata per i casi della "Giungla" di Calais e Grande Synthe al Nord. Analogo il caso del pastore Norbert Valley e di altri cittadini che in Svizzera sono stati processati e condannati perché hanno offerto rifugio a stranieri o per averli aiutati alle procedure di protezione internazionale. Nei prossimi giorni il Parlamento elvetico discuterà possibili modifiche alla legge sul favoreggiamento dell'ingresso irregolare.

In Croazia da segnalare il caso delle ong Are you Syrious e Centro studi per la pace, sottoposte a minacce e infine processate perché hanno documentato e denunciato respingimenti effettuati a volte con uso eccessivo della forza alle frontiere con la Serbia e con la Bosnia Erzegovina. In Spagna le autorità, secondo Amnesty, «hanno impiegato scorrettamente le norme di diritto amministrativo per limitare le attività di ricerca e soccorso in mare, proprio mentre nel 2018 e 2019 la percentuale di morti in mare aumentava».

La ricerca analizza anche la Grecia, alla ribalta delle cronache in questi giorni per l'arrivo dalla Turchia dei profughi siriani in fuga da Idlib dove infuria la guerra tra le milizie anti governative sostenute dalla Turchia e le forze di Assad spalleggiate dalla Russia. Amnesty International - che definisce «inumani» i provvedimenti che le autorità greche stanno prendendo per impedire l'ingresso dei profughi - ricorda il caso di Sarah Mardini e Seàn Binder, due soccorritori rimasti per mesi in detenzione preventiva per avere aiutato profughi sbarcati a Lesbo. Sono in attesa del processo per accuse di «spionaggio e favoreggiamento dell'ingresso irregolare». «Potremmo passare 25 anni in carcere - ha dichiarato Sarah Mardini - per aver dato una mano a dei sopravvissuti, ma lo rifarei».

In Italia dopo due grandi naufragi che causarono 1.200 morti tra il 12 e il 19 aprile 2015, diverse ong erano scese in mare: Medici Senza Frontiere, Save The Children, la spagnola Proactiva Open Arms, la francese SOS Mediterranée, le tedesche Sea Watch , Jugend rettet e Sea Eye 3. A fine 2016 erano 13 le navi e 2 i velivoli di Ong in mare. «Le navi delle Ong che salvano rifugiati e migranti - afferma il Rapporto - sono probabilmente diventate il simbolo più visibile della solidarietà verso le persone in fuga da guerre, persecuzioni e povertà. Visto il loro successo nel salvare vite umane e la visibilità e le potenti immagini delle loro operazioni, sono state oggetto di tentativi da parte delle autorità di limitare e punire le loro attività nonché oggetto di aggressive campagne di diffamazione e di denigrazione da parte di politici, rappresentanti delle istituzioni, commentatori e gruppi anti-immigrazione». Amnesty ricorda la «campagna diffamatoria» avviata dalla dichiarazione dell'allora ministro del Lavoro (oggi degli Esteri) Luigi Di Maio, che il 21 aprile 2017 chiede «Chi paga i taxi del Mediterraneo?».

Il rapporto segnala anche il caso di migranti inquisiti per avere aiutato altri migranti: a Malta a marzo 2019 un gruppo di profughi «ha fronteggiato il capitano della nave El Hiblu che dopo averli salvati minacciava di fare illegalmente rotta verso la Libia. All'arrivo tre minorenni sono stati arrestati dalle autorità maltesi con l'accusa di dirottamento e rischiano l'ergastolo per accuse in parte legate alle leggi antiterrorismo. Finora non è emersa alcuna prova che abbiamo commesso atti di violenza».

«Secondo le prove disponibili - continua il dossier - le Ong di soccorso hanno operato in modo coerente nel rispetto della legge
del mare e, durante le operazioni di salvataggio, sotto il coordinamento e le istruzioni della Guardia costiera italiana o, più raramente, della Guardia costiera maltese. È stato dimostrato che il coinvolgimento delle Ong nelle attività di salvataggio ha ridotto il tasso di mortalità legato alle traversate».

Amnesty International chiede all'Unione Europea «un'urgente revisione del "Pacchetto favoreggiatori" per allinearlo con il Protocollo delle Nazioni Unite sul traffico di esseri umani». All'Italia in particolare chiede di «abrogare le disposizioni sui "porti chiusi", Legge 77/2019 (di conversione dei cosiddetti decreti sicurezza dell'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini, ndr) e modificare come necessario, il Testo unico sull'immigrazione (Legge 286/1998), anche abolendo l'articolo 11ter recentemente introdotto e qualsiasi altra disposizione correlata nel Testo unico sull'immigrazione e nel Codice di Procedura Penale». Tra le altre raccomandazioni: «Ritirare il Codice di condotta imposto alle Ong di soccorso (dall'allora ministro dell'Interno Marco Minniti, ndr), che limita ingiustamente la loro capacità di salvare vite umane in mare e viene utilizzato per criminalizzarle e di modificare la legislazione per garantire che l'ingresso irregolare nel territorio dello Stato non sia trattato come un reato».







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