giovedì 12 febbraio 2015
​È braccio di ferro, il Pd chiede seduta fiume. Fi e Lega ritirano i sub-emendamenti.
Fisco, Renzi rinvia il decreto del 3%
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Si chiude con una conferenza dei capigruppo convocata a tarda sera la giornata che vede Matteo Renzi impegnato a tentare di fermare la tela di Penelope che le opposizioni continuano a tessere per rinviare l’approvazione della riforma costituzionale. Sarà impossibile rispettare l’obiettivo di sabato. L’orientamento sembra quello di esaurire in settimana la discussione almeno sugli emendamenti (e solo in virtù della seduta-fiume reclamata dal Pd), mentre il voto finale slitterebbe ai primi di marzo. Nel calendario di Montecitorio, infatti, incalzano altri provvedimenti non meno importanti da approvare, a partire dalle banche popolari. Non manca una rissa sfiorata fra leghisti e deputati di Ap-Ncd. Non bastano, di prima mattina, i tempi ulteriori concessi a Sel e M5S dalla presidente della Camera, Boldrini (poi lo fa pure con Fi e Fdi). Non sono sufficienti le rassicurazioni, parziali, di Berlusconi. A Montecitorio non vige il 'canguro', che nel regolamento del Senato consente di accorpare gli emendamenti simili, per accorciare i tempi di voto sui testi di legge. E così, a ogni interruzione di seduta, per le opposizioni è un gioco riversare subemendamenti agli articoli della nuova formula costituzionale. Un gioco che non piace al premier, che va su tutte le furie e aSky denuncia: «Il problema non è discutere nel merito, su quello ci siamo, ma fare ostruzionismo. Noi però con caparbietà le riforme le portiamo a casa». Il problema è quando. Col passare delle ore sembra un miraggio anche un sì la prossima settimana, e si comincia a ipotizzare marzo. I capannelli per le trattative si moltiplicano e si va avanti fino a tarda sera. Il presidente del Consiglio chiede al ministro Boschi e al sottosegretario Lotti di fare il punto della situazione con tutti i partiti. La riforma va approvata. I tempi possono slittare ma in misura ragionevole, spiega ai suoi. Ma l’idea renziana di una seduta-fiume fino alla chiusura del lavoro sul testo non piace a tutti. Sarebbe un escamotage che impedirebbe la cascata di subemendamenti, e che potrebbe incentivare i 'perdigiorno' a ritirare la mole di proposte di modifica.  «Noi siamo rispettosi della Costituzione e delle leggi, ma quando vedo lanciare libri o urlare mi spiace per le istituzioni, perché quei deputati non stanno servendo in modo corretto il loro Paese», continua a denunciare Renzi, certo che il problema delle opposizioni non è nei contenuti. «Hanno idee diverse? Si discute e ci si confronta. Sono mesi che il dibattito costituzionale è in discussione alla Camera, abbiamo chiuso al Senato l’8 agosto, sono passati sei mesi dalla prima lettura. C’è stato spazio per discutere, sono finiti i tempi, ne abbiamo concessi altri. Ma non vogliono discutere nel merito ma fare polemiche». Insomma, il premier è deciso a «portare a casa i risultati, con calma». Fi e Lega si convincono e a notte ritirano i subemendamenti 'strumentali'. Con calma, intanto, la Camera ha approvato uno dei punti cardine della riforma, l’articolo 31 del ddl che riscrive il 117 della Costituzione, in cui vengono definite le nuove competenze dello Stato e delle delle Regioni, eliminando le competenze concorrenti, e riportandone in capo dello Stato altre prima attribuite alle Regioni. Per l’occasione, 279 i sì, 175 no. Fi vota contro con Lega, M5S e Sel. Idem sull’abrogazione delle Province. Come promesso in mattinata dall’ex Cavaliere, deciso – dopo la fine del Patto – ad andare avanti con una «opposizione a 360 gradi». E allora, spiega, «continueremo ad appoggiare ciò che delle riforme riteniamo utile per il Paese e alla fine, valutato come il nostro contributo sarà stato recepito dalla maggioranza, decideremo sul voto finale. E così – promette – faremo anche sulla legge elettorale». 
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