martedì 13 ottobre 2015
Le opposizioni ​in trincea: Forza Italia e Sel non votano, M5S e Lega scelgono l'Aventino. Renzi: "Grazie a chi sogna Italia più semplice e forte".
LA SCHEDA I punti chiave della riforma
Referendum e Italicum, il piano di Renzi
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​​La riforma del Senato fa un altro passo avanti con il via libera dell'aula di Palazzo Madama.  Il ministro Maria Elena Boschi ha abbracciato il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini mentredai banchi del Pd è partito l'applauso.I voti favorevoli sono 178.I voti contrari sono 16, 7 gli astenuti. Hanno votato a favore delle riformecostituzionali solo i partiti di maggioranza che sostengono il governo. Le opposizioni (M5S, Lega, FI e Sel), fatta eccezioneper i fittiani che hanno votato contro, non hanno partecipatoal voto. Tra i dissidenti, nel Pd Tocci, Mineo e Casson; in ForzaItalia Bocca e Villari hanno invece votato a favore, indissenso dal gruppo. Si sono astenuti i senatori tosiani, cosìcome la senatrice a vita Cattaneo (i voti di astensione alSenato equivalgono a voto contrario). Dalla maggioranza fannoosservare che i voti dei verdiniani sono solo voti "aggiuntivi"e non "determinanti".Alle 15 sono iniziate le dichiarazioni di voto finali e nel giro di poche ore è arrivato il via libera. Un traguardo fortemente voluto dal premier Matteo Renzi che oggi incassa anche il via libera alla Camera del ddl sulla cittadinanza ed esulta per la fine della "politica inconcludente". La strada che porta al referendum popolare dell'aututnno 2016 a questo punto sembra spianata. Dopo quello di stasera mancano solo tre passaggi parlamentari per il via libera definitivo alla riforma del Senato e alla fine (dopo 70 anni) del bicameralismo perfetto. Napolitano contestato. Clamorosa contestazione di parte delle opposizioni nei confronti di Giorgio Napolitano, indicato dallo stesso ministro Boschi come il "padre della riforma". Quando il Presidente emerito della Repubblica ha preso la parola a favore del ddl Boschi, i senatori M5S e quelli, quasi al completo, del gruppo Fi si sono alzati e hanno lasciato  l'aula. Poco prima anche i leghisti, dopo l'intervento contrario di Calderoli, avevano fatto lo stesso. Fi non vota ma resta in aula. In realtà Forza Italia è poi rientrata in aula. Dopo una lunga giornata di discussioni interne il partito ha deciso di non salire sull'Aventino, ma ha preso le distanze dalla riforma con una protesta silenziosa. Il gruppo al momento del voto finale sul ddl riforme hanno lasciato i banchi, ma senza abbandonare l'aula e restando quindi nell'emiciclo. Stessa scelta adottata dal Sel. Il gruppo di Verdini invece ha confermato il suo sì alla riforma. "L'importante - ha fatto sapere Silvio Berlusconi -è che si capisca che questa riforma la vota il Pd con i suoi alleati e la "stampella" offerta da Deenis Verdini e dai suoi 12 compagni di viaggio". Renzi esulta: Italia più semplice. "La partita sul Senato mi pare ben messa, ma come direbbe un commentatore di calcio non dire gatto se non l'hai nel sacco" ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, lasciando l'hotel Parco dei Principi dopo avere incontrato la Nazionale italiana di calcio nel pomeriggio, prima del voto. Poi ha esultato su twitter: "Grazie a chi continua ad inseguire il sogno di un'Italia più semplice e più forte: Le riforme servono a questo #lavoltabuona". L'iter della riforma. Dopo il sì al Senato, il testo passerà subito alla Camera che, secondo le intese nella maggioranza, dovrebbe semplicemente confermarlo senza apportare alcuna modifica: cosa che dovrebbe avvenire entro Natale. A quel punto, come prevede l'articolo 138 della Carta per le modifiche costituzionali, il ddl Boschi sarà nuovamente sottoposto al Senato e alla Camera ad una seconda e definitiva approvazione. In questa seconda lettura non sono previsti emendamenti, ma solo un sì o un "no" agli articoli e alla legge per il quale però occorrerà la maggioranza assoluta dei voti e non quella semplice (vale a dire 161 voti in Senato e 316 alla Camera). Quindi con dei passaggi parlamentari più snelli e rapidi che dovrebbero concludersi entro primavera 2016, così da tenere il referendum confermativo nell'autunno. Solo allora la riforma entrerà in vigore, e sarà attuata poi al momento dello scioglimento delle Camere, cioè nella primavera 2018, salvo elezioni anticipate.

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