venerdì 11 marzo 2011
Il Consiglio dei ministri saluta con un applauso la relazione di Alfano. Il premier: «Dissi che non avrei lasciato la politica senza realizzare questa riforma. Se fosse stata approvata 20 anni fa non avremmo avuto Mani Pulite e l’esondazione della magistratura. Ora, però, coinvolgeremo anche le opposizioni».
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La riforma della giustizia inizia il suo cammino. Un cammino lungo che - anche alla luce delle prime reazioni delle opposizioni - verosimilmente necessiterà di un ulteriore passaggio, il più a rischio, per il referendum confermativo, evitabile solo col raggiungimento dei due terzi nelle due Camere. Ma il traguardo è comunque storico: per la prima volta il governo mette nero su bianco un progetto di modifica costituzionale del sistema giudiziario. Circostanza sottolineata da un inusuale applauso dei ministri alla fine dei 20 minuti di relazione di Angelino Alfano. «Per la prima volta nella storia della Repubblica - rivendica Silvio Berlusconi, la cui convalescenza, con quel cerotto che lo rende «bruttissimo», non ha rallentato il varo - è stato elaborato un testo di riforme costituzionali completo, organico, chiaro e convincente: lo portiamo all’attenzione del Parlamento che lo discuterà e che - si dice certo - lo approverà». Il premier esclude che la si possa bollare come un’iniziativa collegata ai processi in corso: «È dal 1994 che la volevo, dalla discesa in campo, quando ebbi a dire - ricorda - che non avrei lasciato la politica se non dopo la riforma della giustizia».E ci siamo: la guerra in atto con la procura milanese per calendarizzare vecchi e nuovi processi - assicura Berlusconi - non c’entra. E le leggi ad personam? «Non me ne sono mai, mai, mai interessato», dice, e ricorda per l’ennesima volta il giuramento che tira in ballo i suoi figli: «Ritengo di poter essere assolto nei processi come avvenuto già 24 volte». E preannuncia: «Avendo superato lo sbarramento postomi dagli avvocati, di essere presente nelle aule dei processi e siccome ce ne sono 4 o 5 insieme, ho destinato la domenica alla preparazione e il lunedì alla presenza nelle aule di tribunale, dove mi prenderò delle belle soddisfazioni e spiegherò agli italiani come stanno realmente le cose».Una riforma che è «punto di svolta», aveva detto in Consiglio dei ministri. «Faremo di tutto per discutere con tutti, a cominciare dall’opposizione», assicura. Una riforma che «se fosse stata introdotta 20 anni fa non ci sarebbe stata Mani Pulite. Avrebbe evitato l’esondazione, l’invasione della magistratura nella politica e quelle situazioni che hanno portato all’annullamento della classe dirigente nel ’93», e soprattutto avrebbe scongiurato «il tentativo in corso di far cadere il governo per via giudiziaria». Ed è stato possibile vararla, finalmente, perché la maggioranza si è liberata, sottolinea Berlusconi, delle componenti «giustizialiste e stataliste».«Innalzerà il grado di civiltà del nostro Paese», è certo Berlusconi, perché «il giusto processo è un diritto dei cittadini. Non solo deve essere portato a termini in tempi ragionevoli, deve garantire un contraddittorio tra le parti, con una parità tra accusa e difesa». E con le carriere separate, d’ora in poi «il Pm per parlare con il giudice deve entrare con il cappello in mano nel suo ufficio e magari dargli del lei». Un’operazione che, a regime, presupporrà un intervento strutturale su tutta la macchina della giustizia, da attuare con undici leggi attuative, settore per settore.Una riforma che «può essere attuata entro fine legislatura», scandisce la tempistica, a Porta a Porta, Alfano. «Voglio usare una frase di altri, "Se non ora, quando?"», scherza il Guardasigilli ironizzando sullo slogan della manifestazione delle donne, presa in prestito da Primo Levi. Quanto alla chiusura delle opposizioni, «trasuda cinismo - accusa il ministro - il ragionamento che dialogherebbero se non ci fosse il proponente», ossia Berlusconi. «Noi crediamo nella logica del bene che è volontà di confrontarsi nel merito». E, nel merito, Alfano assicura: «Non intendiamo, non intenderemo mettere i pm sotto l’esecutivo. Per ragioni di virtù e per ragioni di calcolo». E la spiega così: «L’idea che in un futuro governo qualche esponente dell’attuale opposizione abbia sotto di sé la magistratura ci atterrisce».Quanto alle riforme con legge ordinaria che rischiano - è la preoccupazione espressa anche da Napolitano - di avvelenare il clima con la magistratura, Alfano assicura che «il processo breve non è una priorità». Ma, riferendosi implicitamente anche alla legge sulle intercettazioni «la maggioranza - avverte - farà tutte le leggi contenute nel programma elettorale. Senza rinunciare a nulla».
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