martedì 21 dicembre 2010
COMMENTA E CONDIVIDI
Sul ddl università il governo tenta in extremis un’operazione persuasione. Lo fa nel giorno in cui il testo torna al Senato per il sì definitivo dopo molti stop and go, tenendo un occhio sulle manifestazioni di piazza, che dovrebbero riprendere oggi, e un occhio sui nuovi equilibri parlamentari, soprattutto dopo i segnali di collaborazione arrivati dal terzo polo.Ma è senza dubbio il messaggio del presidente Napolitano a indicare un nuovo orizzonte progettuale in cui collocare anche i cambiamenti proposti dalle nuove norme, fortemente contestate da diverse rappresentanze degli studenti. «È necessario e urgente aprire nuovi canali di comunicazione e di scambio con le nuove generazioni» ha detto il capo dello Stato, secondo cui «il malessere crescente dei giovani non può essere sottovalutato». Un segnale che, in mattinata, lo stesso ministro dell’Istruzione aveva lanciato, facendo capire che dopo il via libera dell’Aula alla legge, ci sarà spazio per «il confronto con gli studenti, con i professori e con tutto il mondo accademico». A questo proposito l’esecutivo pensa alla fase di stesura dei decreti attuativi, «che possono essere – ha spiegato la Gelmini – occasione per affinare ulteriormente i contenuti della riforma». Non solo: con la nuova normativa, gli assegni di ricerca «potranno essere banditi all’indomani dell’entrata in vigore della legge» ha ricordato il ministro. La via in cui si muove la maggioranza sul ddl dell’università appare comunque stretta, con Bersani che mentre chiede agli studenti di «tenersi lontani dai violenti», nello stesso tempo garantisce il sostegno a chi si troverà in piazza, ricordando che il governo si è mostrato «sordo a ogni dialogo».Intanto l’aula del Senato ha bocciato la proposta del Pd di rinviare in Commissione il ddl università. L’obiettivo del centrodestra è l’approvazione definitiva entro domani, anche se l’opposizione ha presentato circa 850 emendamenti. ««Non diciamo neanche per scherzo che è meglio ritirare il ddl» ha ribadito il ministro intervenendo a Palazzo Madama, sostenendo che «c’è lo spazio per approvare il provvedimento senza ricorrere alla fiducia». Che ci siano stati problemi di comunicazione sulla riforma, è stato lo stesso presidente del Consiglio ad ammetterlo nei giorni scorsi. Resta il fatto che, nel merito, il Cavaliere è il primo sostenitore della riforma. «Non capisco le manifestazioni degli studenti perché non c’è nessun aumento dei costi – ha detto Berlusconi – e se avessi avuto più disponibilità avrei introdotto misure per il merito dei più bravi».L’assist più atteso, tra oggi e domani, dovrebbe arrivare proprio da quell’area centrista cui il premier guarda per puntellare la maggioranza. «La riforma dell’università ha un’importanza strategica per l’intero Paese ed assume il valore di una riforma di sistema» hanno spiegato ieri in una nota congiunta i senatori di Udc, Fli, Api e Mpa. Come si tradurrà tutto questo al momento del voto? La nota congiunta parla della necessità di «un’assunzione di consapevolezza istituzionale, in un clima di confronto serrato ma responsabile». Parole che di fatto cancellano ogni ombra di dubbio sulla possibilità che la riforma possa saltare in zona Cesarini.GASPARRI EVOCA «POTENZIALI ASSASSINI». FINI: «LA POLITICA NON INSULTI I GIOVANI»Gasparri non lascia, anzi raddoppia. Dopo aver evocato domenica gli arresti preventivi per chi andrà in piazza, ieri il capogruppo del Pdl ha rincarato la dose: «Voglio fare un appello: genitori, dite ai vostri figli di stare a casa. Quelle manifestazioni sono frequentate da potenziali assassini. Vanno evitate». Risultato? Un’altra giornata di ordinaria tensione dentro al Palazzo. Con il leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, che definisce Gasparri «un assassino della democrazia» e il Pd, che per bocca di Enrico Letta, parla di nuova «uscita irresponsabile. Non è il momento di sobillare» la piazza. Ma la replica più velenosa all’indirizzo dell’ex compagno di partito giunge in serata dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. ««Se i giovani scendono in piazza per protestare, la politica non si volti dall’altra parte, non li insulti, ma cerchi di capirli e se possibile, di educarli con la forza dei fatti».È stato questo l’ultimo atto di una vigilia trascorsa, dopo gli scontri di martedì scorso a Roma, all’insegna delle reciproche accuse. Da una parte la maggioranza, in guerra preventiva contro nuovi focolai di ribellione che uniscano involontariamente ricercatori e studenti pacifici a frange di black bloc e anarchici; dall’altra l’opposizione, che replica colpo su colpo agli scenari apocalittici evocati da esponenti del centrodestra, chiedendosi retoricamente perché in queste ore in molti stiano soffiando sul fuoco della rivolta. Entrambe le parti, paradossalmente, sono poi le prime a chiedere di abbassare i toni. Ma andiamo con ordine.Il Pdl apre le ostilità attaccando Massimo D’Alema, che aveva parlato della violenza come di uno strumento possibile per rafforzare il potere da parte di chi già lo detiene. «Di fatto rilancia la teoria della strategia della tensione – accusa il coordinatore del Popolo della libertà, Sandro Bondi –. È amaro dover constatare che per la sinistra in Italia il tempo passa invano». Sulla gestione dell’ordine pubblico, però, il Partito democratico vuole vederci chiaro. Per Marina Sereni, vicepresidente dell’Assemblea nazionale del Pd, «le leggi vigenti sono più che sufficienti per isolare le minoranze violente e tutelare il diritto di manifestare pacificamente degli studenti. Invocare provvedimenti d’emergenza è sbagliato». Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sindacato di polizia Siulp, secondo cui «evocare gli spettri della legislazione di emergenza è improprio».A chiedere un profilo più basso, sono soprattutto i vertici della politica romana. «Credo che alla vigilia di un’altra giornata difficile, sia opportuno che tutti mandino un messaggio di tranquillità e serenità» sottolinea il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, mentre il prefetto della Capitale, Giuseppe Pecoraro, chiede agli studenti «un’assunzione di responsabilità». Il presidente della Provincia di Roma, Luca Zingaretti, si dice invece disponibile a ricevere una delegazione degli studenti e ad ascoltare le loro ragioni. «I nostri giovani chiedono proprio questo: di essere ascoltati e non di essere respinti, soprattutto se in modo preventivo».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: