lunedì 2 ottobre 2017
Approvati in Consiglio dei ministri 3 decreti legislativi in attuazione della legge di giugno. Precluso l'appello all'imputato già assolto e al pm se è stata accolta la sua richiesta di condanna
Il ministro della Giustizia Andrea Alfano

Il ministro della Giustizia Andrea Alfano

COMMENTA E CONDIVIDI

Dopo l'approvazione della riforma del processo penale, in giugno, il governo mette mano ora alla parte attuativa, con l’obiettivo di rendere operative le finalità del provvedimento, ossia rendere la giustizia più efficiente e più celeri i tempi.

I primi provvedimenti di attuazione della legge delega che hanno avuto il via libera dal Consiglio dei Ministri rivedono la disciplina delle impugnazioni e danno esecuzione alla cosiddetta "Riserva di codice", in attuazione del principio della ragionevole durata del processo. Il decreto legislativo sulle impugnazioni si fonda sulle conclusioni dell'apposita Commissione istituita dal ministro della Giustizia Andrea Orlando e punta a ridurre il numero dei procedimenti che gravano sugli uffici giudiziari semplificandone i procedimenti sia in appello che in Cassazione. Gli effetti sperati della riduzione delle impugnazioni si vanno ad assommare a quelli attesi dalla riforma della prescrizione contenuta nella stessa riforma, con l’obiettivo arrivare all’accertamento definitivo di colpevolezza o di innocenza entro i 18 mesi di sospensione della prescrizione previsti in caso di impugnazione.

Per ridurre invece del tutto il ricorso stesso all'impugnazione essa viene, ora, preclusa al pubblico ministero nel caso di sentenze di condanna (una sorta "di "accanimento" in giudizio per ottenerne una più grave), salvo in alcuni specifici casi (ad esempio, sentenza di condanna che modifica il titolo del reato o che esclude l'esistenza di aggravanti ad effetto speciale); al tempo stesso all'imputato sarà precluso di proporre appello, delle sentenze di proscioglimento con formula ampia, evitando così di tenere aperto un processo in cui ha già avuto ragione.

Il secondo decreto legislativo dà esecuzione alla "Riserva di codice". Il provvedimento, che nasce dai lavori di un'altra Commissione ministeriale, introduce una norma di principio che riserva al codice la tutela penale dei beni essenziali della vita e di protezione della comunità civile, nel tentativo di mettere le basi per una futura riduzione dell'area dell'intervento punitivo dello Stato, in base al criterio di un ragionevole rapporto fra il rilievo del bene tutelato e la corrispettiva sanzione penale.

Il Consiglio dei Ministri ha infine approvato la riforma del libro XI del codice di procedura penale, dedicato ai rapporti giurisdizionali con le autorità straniere e il cui complesso di norme è destinato a operare in via residuale, solo cioè dove non sia prevista una diversa regolamentazione discendente da accordi internazionali.

Il decreto legislativo modifica la normativa in materia di assistenza giudiziaria, ovvero la parte della cooperazione penale internazionale con l’obiettivo soprattutto di fronteggiare le nuove forme di criminalità, specie di quella organizzata, che hanno esteso il proprio raggio di azione oltre i confini dei singoli Stati. Una sorta di globalizzazione del crimine fonte anch’essa di lungaggini e complicazioni processuali. Vengono quindi introdotte regole speciali per la cooperazione tra le autorità degli Stati che non fanno parte della Ue.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: