venerdì 22 ottobre 2010
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Quattro milioni di tonnellate di rifiuti speciali. E nessun impianto (o quasi) per smaltirli. Mentre in Campania ci si scontra violentemente, si polemizza, si scrivono pagine e pagine di giornali, sulla nuova crisi dei rifiuti solidi urbani, nulla si dice, si scrive, si protesta per quelli industriali. Ben più pericolosi. Eppure mentre quelli urbani prodotti ogni anno nella regione sono circa 2,5 milioni di tonnellate, quelli speciali superano i 4 milioni. Dati ufficiali, ma potrebbero essere molti di più. E, fatto ancor più grave, mentre i primi, in qualche modo, tra discariche e termovalorizzatore di Acerra, hanno impianti dove essere smaltiti, quelli prodotti dall’industria praticamente non ne hanno. Ufficialmente tra il 15 e il 20% verrebbe smaltito o stoccato in Campania. Meno del 20% finisce fuori regione, a costi altissimi (ma, stranamente, ne arrivano anche 270mila tonnellate da altre regioni). E il resto? È il vero regno delle ecomafie e degli ecofurbi, imprenditori che a prezzi stracciati forniscono uno smaltimento illegale, in cave, corsi d’acqua, terreni agricoli o bruciati in quelli che l’assessore regionale all’Ambiente, Giovanni Romano, definisce «termovalorizzatori diffusi senza ciminiere». E ricordiamo che si tratta dei rifiuti del mondo produttivo, pericolosi e non, degli scarti delle grandi industrie o dei piccoli artigiani: sostanze chimiche, metalli pesanti, ceneri tossiche, liquami, e via dicendo.Un problema che riguarda anche altre regioni ma la Campania in modo particolare. In tutta l’Italia i rifiuti speciali prodotti ogni anno sono circa 134 milioni di tonnellate, quelli "gestiti" sono 103 milioni. Quindi mancano all’appello ben 31 milioni di tonnellate, l’equivalente di una montagna di tremila metri d’altezza. Il fatto curioso è che in molte regioni gli impianti di trattamento ci sono ma non si vedono mai file di camion davanti. Sicuramente, però, ci sono quelli che vengono dalla Campania. Infatti, mentre le norme nazionali e comunitarie sui rifiuti vietano (tranne i casi di emergenza) di esportare fuori regione quelli urbani, per quelli speciali è permesso. La Campania esporta poco più di 800mila tonnellate. «Io li devo spedire in Puglia – ci spiega Antonio Diana, imprenditore della plastica nel casertano – con costi superiori del 50%, rispetto ai 70 euro a tonnellata che pagherei se potessi smaltire in regione. Ma per altre tipologie di rifiuti, come quelli pericolosi, si parla anche del 100-200%». E si tratta di pagare tra 300 e 1.000 euro a tonnellata. Costi che i piccoli imprenditori o gli artigiani non si possono permettere. La camorra e gli smaltitori illegali lo sanno e offrono "sconti" fino al 50%. È il vero affare delle cosche.Un problema ben noto da tempo e per il quale già undici anni fa era stata trovata una soluzione. Nel luglio 1999 fu firmato un Accordo di programma tra Confindustria-Federindustria Campania, Ministri dell’Ambiente e dell’Industria, Commissario delegato Presidente della Campania. Prevedeva la realizzazione di una Piattaforma regionale per il trattamento dei rifiuti speciali a Pignataro Maggiore (Ce) e una discarica per inerti e rifiuti inertizzati in una cava a Tora Piccilli (alto casertano). Sarebbe costata 50 milioni di euro, tutti a carico degli imprenditori. Aveva avuto già la Valutazione di impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, ma per l’opposizione degli enti locali e per lentezze burocratiche non se ne fece niente. Confindustria ha allora stipulato un nuovo Accordo di programma il 14 aprile 2005, ma anche questo non è andato avanti ed è scaduto il 14 aprile di quest’anno.Perché tutto questo? L’assessore Romano ha la risposta pronta. «Mettendo regole ben precise andiamo a scoprire certi "altarini", andiamo a toccare una serie di interessi. Ecomafie ed ecofurbi. È un sistema che funziona perfettamente e nel quale il confine tra vittime e carnefici, tra imprenditori e smaltitori illegali, è molto labile. È in tutto questo che la camorra fa i suoi migliori affari». Insomma, taglia corto Romano, «tranne pochissimi e piccoli impianti, il resto è totalmente fuori controllo, anche per quanto riguarda i rifiuti che vanno fuori regione, visto che non esiste un sistema di tracciabilità».Eppure anche parte del mondo ambientalista sostiene il progetto di piattaforma. «La questione dei rifiuti speciali – spiega il presidente di Legambiente Campania, Michele Buonomo – si può risolvere solo in termini di corretta gestione industriale. Solo così potremo tenere fuori camorristi e truffatori». E allora ci si riprova. «Il sistema è completamente fermo, ora tentiamo di rimetterlo in moto – aggiunge l’assessore –. Ho ripreso in mano il progetto, l’ho aggiornato e fatto approvare in giunta. Ora è stato pubblicato ed è in attesa delle osservazioni. Poi, a breve, lo porterò in consiglio regionale. Sarebbe la prima volta». In attesa gli inceneritori della camorra vanno a pieno ritmo.
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