martedì 20 novembre 2018
L’ex ministro Ronchi: Il suo decreto nel 1997 cambiò i modelli di gestione della spazzatura. «I termovalorizzatori? Inutili le spettacolarizzazioni, il mercato è più avanti. Si guardi all'Europa»
L'ex ministro Edo Ronchi

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Bonificare gli errori del passato sarà un lavoro lungo e impegnativo, nel frattempo per guardare al futuro converrebbe ancorarsi all’Europa, che è molto più avanti di noi. «Sento in giro tanti discorsi generici in queste ore, che non entrano per nulla nel merito della situazione esistente» osserva Edo Ronchi, ex ministro dell’Ambiente ai tempi del governo Prodi. A lui si deve il decreto che, nel 1997, ha cambiato i modelli di gestione dei rifiuti, giocando d’anticipo (allora sì) sulle politiche comunitarie. Oggi si rincorre a fatica, «tra spettacolarizzazioni mediatiche inutili e discussioni arretrate – spiega Ronchi–. Per fortuna quella stagione è stata utile e ha dato buoni frutti, basti pensare che vent’anni fa l’87% dei rifiuti urbani finiva in discarica, mentre oggi ci va solo il 25%».


Molto è sembrato ridursi, per giorni, al dualismo termovalorizzatori sì/termovalorizzatori no. È davvero questo il cuore del problema?
In realtà alla Campania mancano impianti di compostaggio, non termovalorizzatori. Parliamo, in quest’ultimo caso, di pochi impianti necessari nel nostro Paese, su cui è necessario avere una strategia complessiva. In certe zone, come al Nord, i termovalorizzatori hanno capacità di incenerimento superiori alle esigenze locali, in altre come la Sicilia ne servirebbero sicuramente e non ci sono. Quanto ad Acerra, i contribuenti italiani stanno ancora pagando per trasferire i rifiuti in questo impianto. Più in generale, bisogna dare priorità al riciclo, che è assai più conveniente e rientra perfettamente nell’agenda europea sull’economia circolare.

Cosa pensa delle scelte prese ieri dal governo sulla Terra dei fuochi?
Se parliamo del passato, i terreni vanno bonificati ed è stato giusto mettere soldi nella legge di bilancio per questo. Ma gli interventi saranno lunghi e costosi. Uno dei problemi che è rimasto è quello della vendita in nero degli pneumatici: non sapendo come smaltirli, si bruciano. Oggi, per la verità, ci sono meno roghi, in ogni caso l’idea di presidiare i siti è giusta. In realtà, però, il problema più grosso è legato al fatto che anche questo provvedimento dimostra come la politica sia in ritardo e si stia limitando a inseguire fenomeni, senza riuscire a governarli.

A cosa si riferisce?
Il mercato della gestione dei rifiuti urbani è avanti anni luce rispetto al dibattito di questi giorni e si dovrebbe guardare ai casi concreti, non alle ideologie. Il problema è cosa si brucia. Una volta lo smaltimento di rifiuti più problematici si faceva esportando materiali plastici in Cina. Ora Pechino ha bloccato tutto e il mercato del riciclo ha notevoli difficoltà non solo in Italia, ma anche in Europa. Però parliamo anche di un settore che ha fior di industrie, capaci di muoversi su tutta la filiera. Per fare delle politiche giuste occorre ripartire da qui, non dall’emergenza.

Che giudizio dà delle due anime della maggioranza sui temi di politica ambientale?
Il Movimento Cinque Stelle deve stare attento a non farsi inchiodare su posizioni massimaliste, deve riuscire a spiegare di più e meglio i problemi che ci sono nella gestione dei rifiuti oggi. La visione della Lega mi pare semplicistica e vecchia.

Qualcuno dirà che anche lei è un "ambientalista da salotto"...
Salvini poteva risparmiarsi quella battuta, ma non ci si poteva aspettare molto da chi ha amici alla Trump, i quali pensano che il cambiamento climatico sia tutta un’invenzione. Su questo, tutto è fermo: non c’è nessun segnale di adattamento negli interventi di governo relativamente al mutato contesto climatico, invece dovremmo moltiplicare gli impegni di riduzione nelle emissioni. Come si pensa di combattere il dissesto idrogeologico dell’Italia se non partendo da qui?

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