mercoledì 31 maggio 2017
L'allarme del pm Galanti alla Commissione ecomafie. Il procuratore capo Pignatone: il ciclo dei rifiuti laziali degli ultimi cinque anni non in mano a organizzazioni mafiose, ma alla criminalità
La Procura: a Malagrotta il percolato tracima verso la falda acquifera
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Nell'ex megadiscarica di rifiuti di Malagrotta, alle porte di Roma, le colonne di percolato iniziano a tracimare non lontano dal Rio Galeria. «Da accertamenti negli ultimi mesi del Noe dei carabinieri a Malagrotta è stato verificato che continuano gli scivolamenti di percolato verso le falde acquifere esterne ed il Tevere», denuncia il pm della procura della Capitale Alberto Galanti, in audizione in Commissione parlamentare Ecomafie. Il sito di stoccaggio, chiuso il 13 ottobre 2013 dal sindaco Ignazio Marino, è ancora un pericolo per l'ambiente. La dispersione di liquami «è stata accertata l Noe dei carabinieri a seguito di verifiche - ha aggiunto Galanti - ma la società dice che sta aspirando solo la condensa di biogas e non il percolato perché non è nelle condizioni economiche di smaltirlo».

Da parte sua il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone in Commissione parlamentare Ecomafie spiega che a gestire il ciclo dei rifiuti nel lazio non sono organizzazioni mafiose, ma associazioni criminali. «In circa 5 anni di attività - spiega - non abbiamo trovato tracce di un coinvolgimento di organizzazioni mafiose nel settore dei rifiuti».

Pignatone spiega anche che far riconoscere dai giudici l'aggravante del metodo mafioso, l'articolo 7 del codice penale, «è una difficoltà tipica del Lazio: in una regione confinante con la Campania e con una forte presenza specie della 'Ndrangheta - ha detto Pignatone - è difficile ravvisare contatti con la criminalità mafiosa perchè sono labili, spesso legati a parentele. Quindi il giudice dice "qui non c'è la mafia". Noi non condividiamo, ma rispettiamo le decisioni».

Un'altra difficoltà nelle indagini sugli ecoreati è data dall'esiguità dei mezzi. Il Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri di Roma «può contare su appena 14 unità, a fronte di nove procure del Lazio con cui collabora oltre alla Direzione distrettuale antimafia (Dda) e a volte alla procura della Corte dei Conti», spiega il procuratore aggiunto di Roma Nunzia D'Elia alla Commissione parlamentare Ecomafie, lamentando la carenza di personale» per indagare sui reati ambientali.

Il problema resta «la sottovalutazione del fenomeno», sottolinea la presidente della Commissione Rosy Bindi (Pd), specie da parte di amministratori locali e categorie professionali, nonostante l'inchiesta Mafia Capitale abbia portato in auge il tema.

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