martedì 9 giugno 2015
​Indagine Dda tra Piemonte e Liguria: ci sono 95 indagati. Decine di sequestri, sotto accusa le mancate bonifiche.
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Gli scarti del rifacimento dell’autostrada Genova-Ventimiglia, insieme a quelli del sottopasso ferroviario a Torino o ancora i rifiuti dell’Ilva di Genova – ma sono solo alcuni esempi – finivano interrati illegalmente in cave e impianti della zona. La legge è molto precisa: gli scarti devono essere censiti e bonificati. Invece i carabinieri del nucleo operativo ecologico e il corpo forestale hanno scoperto tra Piemonte e Liguria un vasto traffico di smaltimento illecito di materiale di risulta di cantieri. Per di più, si trattava di lavori pubblici. Ieri, nell’ambito di una grossa inchiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Torino, sono arrivati gli arresti domiciliari per due imprenditori e l’obbligo di firma per un terzo, e i sequestri  di beni per circa 10 milioni di euro, compresi laboratori, automezzi, interi impianti. Undici imprenditori sono stati interdetti dalla loro attività per un anno. In tutto gli indagati sono 95 e sono in corso le analisi per stabilire i danni all’ambiente.  L’indagine, coordinata dal pm Enrico Arnaldi di Balme, è iniziata nel 2011. I militari dell’arma di Alessandria avevano notato strani movimenti intorno alla Idrotecnica cava ex Vidori e al centro di recupero di Tortona. Poi l’indagine si è estesa, agli impianti Sal e Busi Ugo di Alessandria, al laboratorio di analisi Biogestdi Novi, alla cava Viscarda di Sale. È stato accertato che, aggirando la legge, gli imprenditori sono riusciti a 'risparmiare' tre milioni di euro: due corrispondono ai costi che avrebbero dovuto sostenere per le bonifiche, a un milione invece ammontano i soldi rubati al fisco.  Tra i rifiuti proibiti c’era un po’ di tutto. Resti della massicciata ferroviaria, con le traversine impregnate di materiali chimici e i sassi che spesso contengono amianto, e i rifiuti prodotti dalle frenate del treno. E ancora terre e rocce di scavo mischiati a catrame e cemento. Gli scarichi avvenivano anche alla luce del sole. Infatti certi conferimenti, a precise condizioni, sono consentite dalla legge: le ditte falsificavano i certificati, che classificavano il materiale come già bonificato. 

  Immediata la reazione dei territori coinvolti. La prima preoccupazione, nell’Alessandrino, riguarda il futuro ambientale di una terra che ha, nel sottosuolo, uno dei tre principali bacini di acqua piemontesi. «La vicenda dimostra che i controlli ci sono – dice il presidente della Provincia e sindaco di Alessandria, Rita Rossa – e noi continueremo con rigore a effettuare i monitoraggi, pronti a evidenziare qualsiasi anomalia. Siamo comunque preoccupati per ogni attività illecita e garantiamo alle forze dell’ordine tutta la nostra collaborazione per garantire il rispetto delle regole e la sicurezza».  In città il pensiero è andato subito alle polemiche delle ultime settimane sui lavori per il Terzo Valico, per quanto del tutto slegate dalle indagini sul traffico di rifiuti illeciti scoperto dalla Procura. L’Amministrazione comunale, infatti, nel partecipare alla conferenza dei servizi per la realizzazione dell’opera, considerata di livello strategico nazionale, aveva consentito l’utilizzo di alcune cave nei sobborghi come siti di deposito del materiale proveniente dal primo lotto di lavori. Proprio ieri mattina, il sindaco Rossa ha inviato una lettera al presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, per ribadire, con una certa durezza, la necessità di severi controlli. «Il dibattito pubblico – dice il documento – ha messo in evidenza come la preoccupazione per la decisione presa sia estremamente elevata. Gli organi tecnici devono dichiarare inequivocabilmente se sono o meno in grado di assicurare i controlli utili e necessari per eliminare definitivamente ogni rischio per la salute e l’ambiente. In caso contrario, mi vedrò costretta a rivedere le decisioni adottate». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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