giovedì 8 marzo 2018
Puglia e Basilicata, domande (premature) per quello di cittadinanza. M5S nega
Le richieste ai Caf: ora vogliamo il reddito
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Una frenesia collettiva per il reddito di cittadinanza? O più isolate richieste di informazioni sulle misure di sostegno economico? Nasce un caso sul cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle, il sussidio antipovertà che in questi primi giorni post-voto sarebbe divenuto oggetto in qualche località del Sud di un improvviso e diffuso interesse dei cittadini.

All’indomani del risultato elettorale che ha premiato la formazione di Luigi Di Maio, le cronache locali raccontano che a Giovinazzo, una cittadina nei pressi di Bari, un gruppo di persone si è presentato a un Caf chiedendo notizia su uno strumento che per ora è soltanto una promessa elettorale. Lo stesso è accaduto in un job center del capoluogo pugliese, così come anche a Potenza. Qualcuno avrebbe addirittura chiesto i moduli per fare domanda.

Il M5s nega: nessun assalto, è una bufala

Secondo la Consulta dei Caf, si tratta di casi circoscritti, non il segno di un fenomeno diffuso. E un’impiegata del Centro di assistenza barese ha confermato di avere ricevuto una cinquantina di richieste d’informazioni in un paio di giorni, ma ha parlato di «strumenti di integrazione del reddito». Proprio in Puglia è stato introdotto di recente il reddito di dignità, una misura regionale parallela al reddito di inclusione (Rei) avviato dallo scorso dicembre dal governo su tutto il territorio nazionale.

Il moltiplicarsi delle misure, già attivate o solo promesse, potrebbe quindi avere ingenerato un po’ di confusione nei cittadini. Resta il fatto che l’interesse per lo strumento targato Cinquestelle si è oggettivamente rafforzato dopo le elezioni, ora che i 'grillini' potrebbero andare al governo. Ne fa fede anche il picco di ricerche segnalato su Google. Una crescita di attenzione, diffusa soprattutto al Sud (dove il Movimento ha avuto un vero boom), che conferma la richiesta di protezione da parte di vaste aree sociali. Del resto nel solo mese di dicembre ben 76mila persone hanno inoltrato all’Inps la domanda per il neonato Rei.

Il problema delle coperture economiche

Molto si è discusso nei mesi scorsi sulla 'filosofia' e sulla fattibilità finanziaria del progetto pentastellato. Da un lato il reddito di cittadinanza è criticato in quanto giudicato misura assistenzialistica passiva, generatore di spesa pubblica invece che moltiplicatore della crescita economica e della cultura del lavoro. Dall’altro c’è il problema dei costi, molto ingenti specie per un Paese che deve tener d’occhio il debito pubblico. Sul primo aspetto la proposta di legge presentata dal M5s nella scorsa legislatura prevede in realtà che l’erogazione del reddito sia condizionata alla ricerca di un’occupazione attraverso i Centri per l’impiego e alla disponibilità a partecipare ad attività di utilità sociale gestite dai Comuni e ad iniziative di formazione, pena la perdita dell’assegno. Che decade anche se per tre volte il beneficiario rifiuta le offerte di impiego che gli vengono sottoposte. Da questo punto di vista il sussidio targato M5s non è molto diverso dal Rei ed è presente in varie forme in molti paesi europei.

Integrazione al reddito fino a 780 euro per un single

La vera differenza riguarda invece la platea dei beneficiari e l’entità dell’assegno. Se il Rei è destinato per ora a 700mila famiglie, il sussidio di cittadinanza punta a raggiungere tutti gli italiani con un reddito inferiore alla soglia di povertà relativa, cioè circa 5 milioni di famiglie, integrando le loro entrate fino a circa 780 euro per un single. Secondo l’Istat l’operazione vale circa 14 miliardi l’anno ma secondo altri osservatori la cifra è ben più alta, forse doppia. La misura sarebbe accompagnata da una riforma dei Centri per l’impiego, chiamati a seguire un’enorme mole di progetti di reinserimento sociale. Con quali risultati concreti è tutto da verificare.

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