giovedì 26 dicembre 2013
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Dalla politica alla società civile, dal Palazzo ai sindacati, alle imprese, alle banche, all’università. I 40enni "esaltati" da Enrico Letta alzano il tiro, non si accontentano di un ringiovanimento ai vertici delle istituzioni. «Lei mi sa indicare un sindacalista di 30 anni? Un professore ordinario della mia età? Ha sentito qualche nome nuovo nei risiko bancari degli ultimi anni?», chiede come fosse un giornalista Matteo Richetti, classe ’74, modenese, deputato Pd e renziano della prima ora. «Questa generazione – incalza – ha un compito che va oltre la politica, ha il compito di ristabilire una cultura per cui l’interesse generale prevale su quello particolare...».Le nuove generazioni come unico appiglio, non è un po’ eccessivo?Ma infatti i primi a dover cambiare siamo noi. Vedo molti giovani che anziché cercare di sviluppare una rete tra di loro cercano di arrampicarsi ai capibastone e di replicare i loro modelli. È chiaro che così non otterremo nulla... Faccio un esempio concreto: diverse seconde generazioni di imprenditori hanno preso in mano le aziende di famiglia e la stanno spingendo bene nel futuro. Non possono fermarsi a curare il loro interesse privato: rivoltino come un calzino Confindustria e il sistema della rappresentanza.Invece in politica cosa possono fare i 40enni?Debbono rischiare. Dare una legge elettorale all’Italia per la governabilità e non per preservarsi, accettino la competizione siano disposti a vivere la politica come temporanea, e non "per sempre". E poi dobbiamo affrontare il tema delle disuguaglianze: mentre noi ci arroventavamo sull’articolo 18, le aziende dicevano ai giovani di aprire la partita Iva, trasformandoli in prestatori d’opera ultraprecari. Altro che flessibilità in uscita... Letta, Renzi e Alfano reggeranno questo peso?Tra i tre chi deve fare il "sacrificio" più grande è Matteo. Il Paese ha grandi aspettative su di lui, e forse più di uno al suo posto penserebbe di capitalizzare questa fiducia andando alle urne. Ma lui sa che non si può correre al voto senza aver riformato le istituzioni, senza aver rimesso a posto la spina dorsale. Ma sia chiaro: non consentirà mai 12 mesi di pura sopravvivenza né accetterà meline sui singoli punti del Patto. Una sola esitazione e ne trarrà le conseguenze, a partire dalla legge elettorale.Con Letta sarà competizione dura?Verso il governo ho diversi motivi di critica, ma riconosco che Enrico ha dato comunque un’impronta, un’identità a questi otto mesi difficili. Matteo ha impresso subito l’accelerazione giusta per rimuovere barriere e ostacoli. Dovranno aiutarsi per spiegare che il Paese si rialza recuperando spirito di sacrificio e aggiustando i danni fatti da chi è venuto prima.
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