domenica 15 aprile 2018
Siamo il quinto Stato per numero di “grant” ottenuti, ma nessuno dei 253 vincitori non italiani ha scelto il nostro Paese come sede di ricerca
Ricerca, premiati gli italiani ma nessuno sceglie l'Italia
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Come sta la ricerca italiana? Una domanda che rischia di stancare, se la risposta è il solito, generico «così così». Ma dall’ultima assegnazione di fondi europei, che hanno premiato con cifre importanti 269 ricercatori d’eccellenza, esce un quadro più preciso. Produciamo ottimi “cervelli”, grazie a scuole e università che, verosimilmente, reggono ancora. Non riusciamo però a creare un ambiente favorevole alla ricerca. I numeri parlano piuttosto chiaro. Siamo quinti per numero di “grant' ottenuti. La classifica è comandata dalla Gran Bretagna (con 50 premiati), seguono Germania (40), Francia (29) e Spagna (21). Sedici gli studiosi “azzurri” di varie discipline che hanno ottenuto i 2,5 milioni euro ciascuno, grazie a uno specifico progetto da completare nei prossimi cinque anni. Di essi, 5 hanno scelto un Paese diverso dall’Italia per realizzare il proprio progetto: nessun “tradimento”, è la normale circolazione delle idee e delle persone. Quello che invece non risulta normale è che nessuno dei 253 vincitori non italiani abbia optato per il nostro Paese come sede della ricerca. In un continente in cui sono alti lo scambio e la circolazione in ambito scientifico, il segnale è preoccupante.

Il “peso” della burocrazia

Quali sono le cause? Non nuove e non sorprendenti, bisogna riconoscere. Nell’ordine, il peso della burocrazia, che si ripercuote sia direttamente sugli aspetti organizzativi della ricerca sia sul piano personale per gli scienziati; le strutture non sempre all’avanguardia; i tempi lunghi per la selezione del team per il progetto europeo e poca flessibilità nei contratti; oltre ad aspetti collaterali, ma pur importanti per chi deve prendere la decisione di trasferirsi, come la difficoltà a trovare un lavoro per il coniuge o la scarsa volontà di accoglienza da parte del contesto universitario o del centro di ricerca. Resta il lato positivo dei 16 progetti finanziati, per un totale di almeno 40 milioni di euro, dei quali almeno 28 resteranno in Italia.

Il primato del Regno Unito

Se si guarda ai Paesi delle istituzioni che ospiteranno i vincitori dei grant emerge un quadro diverso rispetto alla nazionalità degli scienziati. Se in quest’ultima graduatoria, come detto, siamo quinti, nella prima scendiamo all’ottavo posto, superati anche da Svizzera, Olanda e Israele che, in proporzione, sono molto più attrattive. Dominio pre-Brexit per Londra, che sarà la casa di ben 66 ricerche. L’Erc (European Research Council) ha distribuito 650 milioni di euro in progetti che vanno dagli effetti dell’inquinamento dell’aria sul cervello dei bambini alle origini della vita sulla Terra; dall’aggressività tra batteri al ruolo di una dieta ricca di grasso sullo sviluppo del cancro; dalle motivazioni della crescente ostilità fra fazioni politiche all’utilità evolutiva del digiuno.

In 10 anni investiti 12 miliardi

Se c’è una storia di successo in Europa è quella dei fondi per la ricerca e dei progetti finanziati dal Consiglio della ricerca, che in 10 anni ha sostenuto con 12 miliardi oltre 7mila studiosi d’eccellenza (compresi 6 premi Nobel e 5 medaglie Fields). Secondo l’Erc, i nuovi fondi permetteranno di creare 2mila posti fra ricercatori, dottorandi e altri membri dei gruppi. Il rigore della selezione emerge dal fatto che è stato approvato solo il 12% domande.

Italia, vince il Centro-Nord

Per quanto riguarda il dettaglio dei progetti vincenti italiani, ad aggiudicarsi i fondi sono cinque regioni di Nord e Centro: Trentino, con Università di Trento e Fondazione Bruno Kessler; Friuli con l’Università di Trieste; Lombardia con l’Università Bocconi e quella di Pavia; Toscana con Università di Pisa e Fondazione Toscana Life Sciences; Lazio con Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e l’Università Sapienza di Roma. Rispetto ai settori degli studi che rimarranno in Italia, la maggioranza dei progetti sono nell’ambito della fisica e dell’ingegneria (da algoritmi per capire i meccanismi del commercio online a studi sul comportamento collettivo di sistemi biologici); 4 appartengono al campo delle scienze umanistiche e sociali (dagli avatar virtuali per imparare l’onestà a ricostruzioni di una lingua usata nel Medioevo); 2 alle scienze della vita (la rigenerazione cardiaca per curare l’infarto e i vaccini come rimedio alle infezioni batteriche antibiotico-resistenti).

«Talento, preparazione e tenacia»

Analizza la situazione Massimo Inguscio, presidente del Consiglio nazionale delle ricerche. «Ecco una buona notizia per il Paese che grazie al talento, alla preparazione e alla tenacia dei ricercatori italiani si mantiene ai primi posti in Europa, grazie ai 16 Advanced Erc assegnati, tra cui uno al ricercatore del Cnr Andrea Cavagna». «Se i dati italiani venissero attualizzati in base alla percentuale di laureati per nazione e ai fondi pro-capite dedicati ai ricercatori – riflette Inguscio – il nostro Paese sarebbe probabilmente al primo posto. Come nazione, dobbiamo investire di più sulla ricerca, che è anche cultura e futuro e il cui ruolo è fondamentale nei tempi in cui viviamo e per il benessere delle future generazioni e del pianeta».

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