giovedì 14 dicembre 2017
Respinto dalla Cassazione anche il ricorso contro lo «spacchettamento» dei processi, che rimangono quindi incardinati a Torino, Vercelli, Napoli e Reggio Emilia.
L'interno dello stabilimento Eternit di Casale Monferrato

L'interno dello stabilimento Eternit di Casale Monferrato

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La Cassazione ha dichiarato l'inammissibilità dei ricorsi del pg e del pm di Torino contro lo spacchettamento dei processi per la morte di 258 persone a causa dell' amianto Eternit. «Non abbiamo ancora la motivazione ma presumo che la Corte abbia accolto la tesi del procuratore generale presso la Suprema Corte di Cassazione che ha ritenuto che nei due ricorsi, sia del procuratore della Repubblica di Torino che del procuratore generale della Corte di Appello di Torino, ci fossero degli errori e lacune di carattere tecnico redazionale». Così cerca di spiegare la decisione l'avvocato Ezio Bonanni, legale di parte civile nel procedimento e presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto.

«Secondo me i due ricorsi erano ben articolati e motivati - prosegue l'avvocato - anche perché redatti da due alti magistrati della pubblica accusa. Purtroppo ancora una volta una decisione della Cassazione favorevole all'ex titolare dell'Eternit e negativa per le vittime. Il nostro impegno continua perché il 19 dicembre il processo prosegue presso il tribunale di Torino per il reato di omicidio colposo e in quella sede ci costituiremo parte civile nell'interesse degli eredi del signor Giulio Testore, uno dei pochi casi non ancora prescritti. Manteniamo comunque la fiducia nella giustizia».

«Siamo soddisfatti. Avevamo eccepito l'inammissibilità dei ricorsi e la Corte ha deciso in questa direzione». ha commentato il professor Astolfo Di Amato, avvocato difensore di Stephan Schmidheiny nel processo Eternit bis. «C'erano dei vizi formali», ha aggiunto.

Replica anche l'avvocato Massimiliano Gabrielli, legale dell'Anmil, Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro: «Quando un'organizzazione imprenditoriale continua consapevolmente a far soldi sulla pelle della gente bisogna parlare di omicidi volontari, senza se e senza ma...». «Continuare la produzione - prosegue il legale - in condizioni che notoriamente secondo la scienza provocano la morte delle persone che lavorano negli stabilimenti e di chi vive intorno alle fabbriche equivale ad accettare il rischio certo dell'evento morti, il che nel nostro ordinamento penale corrisponde ad omicidio con dolo eventuale. Ci aspettavamo quindi che la Cassazione applicasse semplicemente la legge, senza scivolare sulle difese tecniche e fare l'ennesimo regalo al miliardario Schmidheiny».

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