mercoledì 30 novembre 2022
Bocciati i testi presentati da M5s e dall'Alleanza Verdi-Si. Conte: pretendiamo il passaggio in Parlamento. Il governo si rimette all'Aula sulle proposte del Pd e di Azione-Iv. Giovedì il decreto
Respinta la mozione "contro", armi a Kiev anche nel 2023
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Il voto alla Camera sulle mozioni per il conflitto in Ucraina conferma gli esiti attesi, come pure gli equilibri sulla politica estera in seno all’opposizione. Il fronte pacifista resta isolato dalle manovre messe in atto da dem e centristi per le rispettive proposte (su cui il governo si era rimesso all’aula in apertura di seduta), che passano in un gioco di astensioni reciproche. Scontata, invece, la bocciatura dei testi presentati da M5s e Alleanza Verdi-Si, come pure il via libera a quello della maggioranza, con annessa proroga dell’invio di armi a Kiev fino a fine 2023, oggetto del contestato emendamento inserito a sorpresa dal governo nel dl “Nato e sanità in Calabria” in discussione lunedì al Senato e poi ritirato dopo la proteste delle opposizioni.

Tirato in ballo nei giorni scorsi, in particolare dal leader grillino Giuseppe Conte, il ministro della Difesa, Giudo Crosetto, non ha presenziato alla seduta, ma si è fatto sentire parlando a margine dell'assemblea di Alis: «Sono abituato a non cambiare opinione e così faremo. La situazione in Ucraina si sta facendo più grave perché la parte civile sta subendo attacchi per cui tutto il mondo si sta muovendo, anche chi prima era equidistante dalla Russia». Non a caso il Cdm di oggi dovrebbe varare proprio il decreto ad hoc richiesto dal Pd per la proroga degli aiuti a Kiev. Ma Crosetto è stato ancor più esplicito rivolgendosi al presidente pentastellato: «Il governo, in particolare il ministero della Difesa, sta dando esecuzione a cinque decreti presi dal precedente governo il cui principale esponente e partito era quello di Conte. Fino ad oggi ogni cosa che è partita dall'Italia e che partirà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi per essere consegnata in Ucraina, viene fatta» in continuità con le scelte dell’esecutivo Draghi, «per cui ogni cosa che viene criticata da Conte, dovrebbe rivolgerla a se stesso».

L’ex “avvocato del popolo”, da parte sua, non ha risparmiato critiche. E anche se nelle fasi iniziali del conflitto, come ha ammesso lui stesso in apertura del suo intervento, l’invio di armi si è reso necessario, le circostanze adesso impongono uno stop immediato: «Il governo ha annunciato l'emanazione di un sesto decreto interministeriale per un nuovo invio di mezzi ed equipaggiamenti militari all'Ucraina – ha ribadito –. Questa non può essere una routine, da inizio marzo. Una decisione simile non può essere assunta senza che sia stato approfondito il quadro nazionale e internazionale nel quale questo nuovo invio andrebbe ad iscriversi. Non sono accettabili scuse: pretendiamo un passaggio nelle aule parlamentari affinché sia garantito ai cittadini il diritto a un'informazione trasparente. Se il governo vuole continuare su questa linea guerrafondaia (armi a oltranza e zero negoziati) non si nasconda, venga in aula e faccia votare il Parlamento, venga a metterci la faccia». A seguire la sferzata dai social: «La maggioranza cala la maschera e mostra il suo vero volto agli italiani» approvando «una mozione a favore della corsa al riarmo e dell'aumento delle spese militari. Il governo Meloni abbandona i lavoratori in difficoltà e ingrassa la lobby delle armi: un Paese alla rovescia».

Sulla stessa linea l’intervento del segretario di Si, Nicola Fratoianni, critico con chi ha ridicolizzato i movimenti per la pace e cercato tra le loro fila gli amici di Putin. Mentre Ettore Rosato ha ribadito la convinzione di Azione-Iv che «smettere di inviare armi all'Ucraina non fa finire la guerra: fa finire l'Ucraina».

A questo punto è evidente però che Palazzo Chigi andrà avanti per la sua strada, ma le conseguenze del voto sulle dinamiche tra le opposizioni si sono già palesate ieri in occasione della seduta per il voto sulla presidenza del Copasir, poi rinviata proprio perché non si è trovata un’intesa per il nome dell’ex ministro della Difesa, il dem Lorenzo Guerini, e lo stesso potrebbe accadere per la Commissione di Vigilanza Rai.L’intesa forte sulla politica estera, in ogni caso, sembra unire soprattutto maggioranza e Pd. La mozione di Azione-Iv, infatti, ha avuto parere favorevole del governo solo dopo lo stralcio di una premessa e di un primo punto molto “aggressivi”, che chiedevano di rafforzare il sostegno militare.

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