mercoledì 24 settembre 2014
Il premier ai dissidenti: Jobs act non rinviabile.
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Si sente a casa Matteo Renzi. A New York, al Council of Foreign Relations, il premier non si lascia intimorire dall’esordio. Tutt’altro. Con gli interlocutori preoccupati della crisi, il presidente del Consiglio si fa ancora più forte, e si prepara al rientro in patria, dove lo attende il muro della sinistra del suo partito, che il segretario del Pd intende aggirare. «Non è pensabile che ci siano dei momenti in cui ci si ferma e ci si tiri indietro. Noi siamo per parlare con tutti, ma ci sono cose che in Italia vanno fatte», spiega alternando l’italiano e il suo «inglese terribile», che chiede scherzosamente di «cancellare dalle registrazioni».Renzi ha ancora diversi appuntamenti nella sua missione americana. E però sa già quello che accadrà lunedì, quando riunirà il "parlamentino" a largo del Nazareno. «Io rispetto la discussione e questo può aiutare ad uscirne in modo più forte, ma la riforma del lavoro non è più rinviabile: lunedì presento la mia idea, ci sarà il dibattito, ma poi si decide e si va avanti tutti insieme». Insomma, ancora una volta il capo del governo non sembra intimorito dalle minacce di crisi o dai tentativi di costringerlo a cambiare maggioranza, rendendo necessari i voti di Fi. «Le persone della sinistra, leader della mia parte politica e non della destra, pensano che va ad ogni costo mantenuto lo Statuto dei Lavoratori e che questo è l’unico modo per essere uomini di sinistra», ma invece – sentenzia – «bisogna cambiare l’approccio» sul lavoro. «Ci sono alcune cose in Italia che vanno fatte: la riforma della Costituzione (entro l’anno confida nell’abolizione del Senato, ndr), la legge elettorale, una radicale riforma della Pa, la riforma della giustizia», oltre a quella del lavoro, appunto.Quella della Pubblica amministrazione, poi, «sulla quale hanno molto insistito anche gli interlocutori della Silicon Valley, è fondamentale per scardinare i poteri di veto». Bisogna muoversi: «Il rischio più grave per l’Italia è la ricerca del consenso per il consenso, per restare esattamente dove si è». La platea lo ispira. Renzi continua a scherzare e promette di non parlare «a lungo. L’ultimo discorso da 6 ore e mezzo se non sbaglio era di Fidel Castro».Ma battute a parte, la parola d’ordine resta il cambiamento. «Il primo obiettivo è cambiare il mercato del lavoro perché è focalizzato sul passato e quindi ci sono troppi disoccupati». Bisogna svoltare. E in America, Renzi presenta un’Italia «aperta per business». In sintesi, «nel derby tra austerity e crescita l’Italia sta con la crescita».
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