lunedì 4 luglio 2016
​Il premier alla minoranza del partito: chi vuole che io lasci faccia un congresso e lo vinca. Con Pd al governo c'è qualche tassa in meno e qualche diritto in più.
Renzi: referendum battaglia del Paese non mia
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ll governo, il doppio incarico, le amministrative e la situazione economica del Paese. C’e tutto questo nel discorso di Renzi alla direzione del suo partito, ma in fondo il vero oggetto della discussione è lui, il segretario e il suo ruolo in un Pd che sembra sempre più allontanarsi dal proprio leader e dal governo che rappresenta. 

Referendum. E allora non si può che cominciare con il più emblematico degli argomenti di divisione tra il segretario e parte della direzione, quella più a sinistra: la riforma costituzionale e il referendum. “La discussione sulla personalizzazione, ormai è un refrain", spiega il premier mettendo in chiaro che la questione non riguarda lui, ma il futuro del Paese. Questo l’argomento su cui il segretario del Pd decide di puntare, un esercizio retorico che nei fatti non sposta di un millimetro il risultato atteso in caso di sconfitta: "Se c'è qualcuno tra di voi che pensasse che dopo questa legislatura nata in questo modo, nel caso in cui il referendum si concludesse con il no, non ci sia una presa d'atto da parte del presidente del Consiglio, e io aggiungo il governo e anche il Parlamento, gli faccio gli auguri. Il problema non è cosa accade a me, ma al Paese e alla credibilità della classe politica. E non è una minaccia o una preoccupazione, un ricordati che devi morire". Insomma la linea non cambia: personalizzazione o meno, una sconfitta al referendum sarà una sconfitta del suo governo, quindi la sua e, per quanto lo riguarda, del partito.

Leadership. Un partito la cui leadership resta però contendibile -ribadisce Renzi - così come lo è stata quando si è trattato di eleggere lui: “il Pd non è un partito personale, non è mio. Appartiene ad una comunità di uomini e donne e io sono la dimostrazione che è scalabile". Questo però non vuol dire rinunciare difendere l’operato del "suo" Partito democratico al governo e il presidente del Consiglio pretende che il lavoro svolto venga riconosciuto : "Chiedo al mio partito: siamo nelle condizioni o no di riconoscere tutti insieme che questa legislatura è un cantiere sociale senza eguali? Se dite di no, io alzo le mani. Ma avere l'onestà intellettuale per riconoscere quello che è accaduto è la premessa per essere sinceri tra di noi". Perché “Da quando il Pd governa questo Paese c'è qualche tassa in meno e qualche diritto in più e non riconoscerlo, anche tra di noi, significa non essere schietti”.

Amministrative. Perfino le amministrative e il risultato disastroso dei Democratici non dovrebbe essere in grado di scalfire i successi avuti con questo segretario perché in fondo: "Ai ballottaggi abbiamo perso qualche città. Succede a volte. I candidati si scelgono con le primarie e le alleanze le scelgono i territori: dare una lettura nazionale richiede molta fantasia". "Trovo superficiale raccontarlo con tanta supponenza e sfrontatezza", spiega ancora il premier che, su eventuali problemi di linea politica del Pd, sottolinea: "Non mi pare che il Pd pugliese possa essere considerato in linea con quello nazionale e non mi pare che in questo passaggio elettorale il Pd pugliese abbia avuto risultati dissimili da quello nazionale".

Il partito. Comunque a scanso di equivoci meglio ribadire che "Si pone un tema di organizzazione del partito. Alla nostra straordinaria militanza dobbiamo un modello organizzativo che non ricalchi gli errori del passato. Finché lo guido io, le correnti non torneranno a guidare il partito, lo dico innanzitutto ai renziani di stretta osservanza, della prima o seconda ora o a quelli last minute. Non c'è garanzia per nessuno in questo partito, a iniziare da me. Girate, ascoltate, fate i tavolini. O state in mezzo alla gente o voi e noi non abbiamo futuro". D'altronde le regole e lo statuto valgono per tutti e se “serve chiarezza al nostro interno. Se volete che io lasci, non avete che da chiedere un congresso e vincerlo: in bocca al lupo. Se volete dividere il doppio incarico, chiedete una modifica statutaria. In entrambi i casi io sarò al fianco di chi vincerà, perchè si sta in una comunità sia che si vinca sia che si perda".

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