giovedì 21 novembre 2013
Il ministro della Giustizia supera il vaglio dell’Aula, sostenuto da tutta la maggioranza, seppur fra i malumori del Pd, dove Renzi e Civati rimangono convinti della necessità delle sue dimissioni.
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«Finalmente...». È racchiuso in un avverbio il sospiro di sollievo che alle 15 il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri tira lasciando l’Aula di Montecitorio e infilandosi in un corridoio laterale, al termine del voto sulla mozione di sfiducia individuale presentata nei suoi confronti dal Movimento 5 Stelle per il suo "interessamento" telefonico per la detenuta Giulia Ligresti, arrestata a luglio col padre Salvatore e la sorella Jonella per un buco di 300 milioni di euro nei bilanci di Fonsai (Giulia è stata condannata a 2 anni e 8 mesi e li sta scontando ai domiciliari, ai quali da ieri è stata assegnata anche Jonella). Com’era prevedibile, la "blindatura" approntata in sintonia col Quirinale dal presidente del Consiglio Enrico Letta (che ieri è stato in Aula al suo fianco, dopo averla difesa martedì nell’assemblea dei gruppi parlamentari del Pd) ha tenuto: l’Aula ha respinto la sfiducia di M5S, con 405 no, 3 astenuti e 154 sì, provenienti dai banchi dell’opposizione. Ma la ritrovata «serenità» dura poco: in quegli stessi minuti, da Milano le agenzie di stampa battono una serie di frasi di Salvatore Ligresti, estrapolate da una dichiarazione a verbale del 15 dicembre 2012 davanti ai pm milanesi: «Mi feci latore del desiderio dell’allora prefetto Cancellieri, che era in scadenza a Parma e preferiva rimanere in quella sede anziché cambiare destinazione. La conosco da moltissimi anni e ciò spiega che mi si sia rivolta e che io abbia trasmesso la sua esigenza al presidente Berlusconi. La segnalazione ebbe successo perché la Cancellieri rimase a Parma». Quei verbali non sono inediti (il Corriere della Sera ne aveva già riferito diffusamente il 2 novembre) e il timing dell’uscita in agenzia, poco dopo la rinnovata fiducia della maggioranza, fa indignare il Guardasigilli: «È allucinante. C’è un accanimento senza limite, un disegno che, per quanto mi sforzi, davvero non comprendo», si sfoga con chi le è accanto. «Sono asserzioni destituite di fondamento. Come si fa a sostenere che io sia stata raccomandata per restare in quella città?». E per ribadirlo, verga l’ennesima nota, diffusa dal suo portavoce: «Cancellieri non ha mai fatto il prefetto a Parma. Si è recata in quella città due volte: nel 1994, da febbraio a maggio, in qualità di Commissario Straordinario al Comune, gestione interrotta anticipatamente per la nomina a prefetto a Vicenza e nel novembre 2011, sempre come Commissario, incarico interrotto per la nomina a ministro dell’Interno nel governo Monti». È «surreale», conclude la nota, «pensare che, in entrambi i casi Cancellieri abbia potuto chiedere un interessamento per rimanere a Parma, potendo ricoprire incarichi più impegnativi e qualificanti». La mattinata aveva già riservato al ministro altre frecciate, di natura politica, partite dall’opposizione: «Cancellieri a casa», hanno scritto i deputati Cinquestelle su un mosaico di fogli formato A4, messi sui banchi in modo da renderli visibili dalle tribune stampa. Poi avevano fatto squillare contemporaneamente i loro cellulari, "puntandoli" verso il ministro al grido di «dimissioni, dimissioni». Duro verso il Partito democratico, il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta: «Questo è un voto fasullo e insincero da parte del Pd, una finzione ridicola». Il segretario Guglielmo Epifani si attiene alla linea del partito, ma in Transatlantico poi ammette che la vicenda non ha fatto bene alla salute dell’esecutivo: «È più debole la Cancellieri ed è più debole il governo». Dal canto suo, il discorso del Guardasigilli ha ribadito le affermazioni già fatte nei giorni scorsi: «Nel trasferimento di Giulia Ligresti ai domiciliari, non c’è stato nessun inconsueto zelo», ma solo una «comunicazione al Dap, analoga a quelle fatte per altri detenuti, oltre cento negli ultimi mesi». Poi ha respinto «il sospetto che esista una "giustizia di classe" che distingue fra "cittadini di serie A e B", fra "ricchi e poveri», ripetendo per l’ennesima volta di non aver violato i propri doveri, ma piuttosto di aver fatto prevalere (nella telefonata del 17 luglio con Gabriella Fragni, moglie di Salvatore Ligresti) la «spinta umana» sul distacco e di esserne «intimamente rammaricata». Ma, ha protestato, «si è sostenuto che io abbia omesso di riferire circostanze rilevanti e che avrei taciuto di una terza telefonata. Io non ho mentito né al Parlamento, né ai magistrati». Infine, Cancellieri ha difeso la propria «amicizia con Antonino Ligresti, che nel processo relativo alla Fonsai non è stato mai indagato e che non ha alcun rapporto di affari» col fratello Salvatore». E ha concluso: «Tutto ciò che mi viene contestato è smentito dai fatti e dalla magistratura, alla quale ho sempre ribadito piena fiducia». Fuori dall’Aula, ha poi "accolto" la proposta di Epifani: «Un numero verde per i detenuti? Una buona idea».Dopo il voto e la coda di polemiche per le notizie da Milano, l’agenda del ministro prevedeva un incontro pomeridiano col suo omologo francese Christiane Taubira e la cena organizzata al Quirinale per la delegazione guidata dal presidente François Hollande. Bisogna guardare avanti, ha ripetuto in serata la Cancellieri ai suoi collaboratori, pronta a concentrarsi sui prossimi impegni: dalle norme sul processo civile alle misure per ridurre il sovraffollamento delle carceri (forse la prossima settimana potrebbe approdare in Cdm un testo sulla depenalizzazione). Non mi sentirò dimezzata, è il ragionamento del ministro, se la maggioranza e il Parlamento non mi faranno sentire tale. Più che un auspicio, in politica è una condicio sine qua non.
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