martedì 5 agosto 2014
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Renato Brunetta, capogruppo dei deputati di Fi, è sempre stato uno dei critici più fieri del patto del Nazareno. Ma, paradossalmente, proprio lui chiede ora di più. «A Matteo Renzi contesto la solitudine del comando. Venga in Parlamento a fare un’operazione verità sull’economia. Apra a una grande strategia di coesione nazionale su 3-4 punti chiave: piano per abbattere il debito pubblico, pagamento più accelerato dei debiti della Pa, misure choc sul lavoro. E magari apra davvero pure sull’elezione diretta del capo dello Stato. Se farà questo, chi gli potrà dire di no? Se invece continua a prendersela con i 'gufi' e i 'professoroni'...». Che fa, professore, apre al governissimo? È l’ultima cosa a cui penso, Forza Italia sta all’opposizione. Ma ci aspetta una stagione difficile. Di scelte impegnative. A Renzi dico allora: si apra al mondo esterno, non finisce tutto coi gigli di Firenze. C’è tutta una complessità nel Paese che non vuol dire solo istinto di conservazione. Sono tanti quelli che vogliono cambiare lo stato delle cose. In pratica chiede però al premier di ammettere che sta fallendo? Non è così. Nessuno può imputare a Renzi le responsabilità della congiuntura negativa. Semmai è colpa dei governi Monti e Letta, che hanno obbedito senza fiatare all’agenda Merkel. Lui però sta concentrando tutte le sue energie sul superamento del bicameralismo paritario, che non è la priorità chiesta dai cittadini, e che peraltro è già superato nei fatti, visto che a colpi di voti di fiducia siamo già in un regime di monocameralismo - per così dire - alternato. Pensi di più al resto. Teme l’autunno difficile che Renzi nega? Non può continuare a cavarsela dicendo che «tutta l’eurozona va così». Non è nemmeno vero. La Spagna per esempio chiuderà il 2014 a +1,1%, meglio di noi che quest’anno avremo alla fine una crescita che sarà più vicina allo 0. Altro che 0,8%. Se Renzi continua a negare l’evidenza si assume una grande responsabilità davanti al Paese. E ne sarà travolto. Lo boccia in economia? Lo dicono i fatti. Non è cambiato nulla dagli ultimi governi. Basti pensare alla tassazione sulle case, su cui gli italiani scopriranno la verità a ottobre, quando pagheranno la Tasi. Il pagamento dei debiti della Pa? 'San Matteo' non funzionerà: è già sicuro che il 21 settembre staremo molto lontani dall’obiettivo fissato di 68 miliardi. Poi le privatizzazioni: dovevano essere di 11 miliardi l’anno, secondo il Def di Renzi. Dove sono questi soldi? Della spending review si ha notizia solo per Cottarelli. E l’Europa? Qualcuno si è accorto dell’impatto del semestre italiano? Renzi si è impuntato su due battaglie inutili. Allude a flessibilità e Mogherini? Sulla prima gli risponderanno sempre che di fatto già c’è. Quanto alla carica di 'lady Pesc', ha una valenza limitata e, anche qualora riuscisse a imporla, gliela faranno pagare sul piano politico. L’unica cosa da fare è una grande pressione corale, di tutta l’Europa, per chiedere alla Germania una politica di reflazione, in modo da indurre Berlino ad aumentare la domanda interna per abbassare il suo surplus commerciale di 6-7 punti di Pil e svalutare il cambio dell’euro. Due fattori che oggi zavorrano l’eurozona. Adesso noi facciamo cambiar politica alla Germania... Ma uno che vuol fare quello che Renzi sta facendo sul Senato, non riesce ad avere la stessa forza dirompente e propulsiva in Europa? Su questa linea tutto il Parlamento sarebbe con lui. Noi gliel’avevamo proposto come indirizzo per il semestre italiano, un’occasione perduta. E gli 80 euro? È stata un’operazione troppo forzata. Gli italiani devono ancora scoprire che sarà coperta con altre tasse. Voglio vedere le coperture per il 2015... Insomma, cosa vuole dal governo? Vorrei un Renzi decisionista in economia. Capace di guardar lontano. Berlusconi gli ha dato credito sulle riforme istituzionali, ora il premier adotti la stessa logica a parti invertite. Si dica disposto a un grande piano per ridurre di 400 miliardi in 5 anni il debito pubblico. Spinga di più sul pagamento dei debiti Pa, dove abbiamo una finestra di flessibilità acquisita da parte della Ue che però scade a fine 2014. Privatizzi davvero le public utilities. Vari subito misure choc per il lavoro, per esempio abbattendo le tasse sui nuovi assunti. E l’elezione diretta del capo dello Stato. Che c’entra? È l’altra faccia della medaglia. Serve anch’essa a renderci più credibili in Europa. Per di più, la teoria economica ci dice che in tutti i sistemi politicamente più 'verticalizzati' c’è anche un maggior controllo della spesa pubblica.
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