mercoledì 17 settembre 2014
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Rimette la sveglia del Pd all’alba, Matteo Renzi. Perché «il 41 per cento non è per sempre, è un consenso volubile, se ne va, non credo che possiamo permettercelo». E oggi il 41 per cento si traduce in un atto di «responsabilità» verso quei «cittadini» così diversi tra loro, perché il segretario del Pd è certo che «non nasce da una storia condivisa». Insomma, rispecchia il parterre del 'parlamentino' che ha di fronte. Motivo per cui «gli uni e gli altri vanno tenuti insieme » in quel partito «plurale» che si riflette nella segreteria unitaria. È l’ultimo sforzo della lunga giornata del premier, ed è lo sforzo di tenere unito un vertice che riflette le diverse anime di un Pd sempre troppo diviso al suo interno. Pure quando stravince.  Dopo i discorsi alle Camere, il segretario democratico torna a Largo del Nazareno per ricalibrare i suoi messaggi. Stessi argomenti, ma toni diversi. Questa volta Renzi va dritto al bersaglio, vale a dire a quanti tramano contro di lui e il suo governo, mettendolo in difficoltà sulle tante riforme avviate o annunciate. E non è un caso che alla sinistra si rivolge subito dopo ricordando il percorso democratico che da quando è segretario è stato fatto con l’ingresso nel Pse e il ruolo dello stesso Pd tra i socialisti europei, con impegni e incarichi mai avuti in passato. Messaggi e avvertimenti. Insieme con i 15 nomi della nuova segreteria, composta da 8 donne e 7 uomini, da cui resta fuori l’area di Civati con Taddei considerato ormai renziano come Stefania Covello, ex ppi poi con il segretario. Nella squadra David Ermini, toscano, Ernesto Carbone (già ulivista), Giorgio Tonini (già veltroniano) e ancora Lorenza Bonaccorsi, Alessia Rotta, Sabrina Capozzolo. Per Area dem, oltre a Chiara Braga arrivano Francesca Puglisi e Emanuele Fiano. Per Area riformista (di Speranza) Micaela Campana e Enzo Amendola, per Cuperlo c’è Andrea De Maria e dai Giovani Turchi di Orfini Valentina Paris.  Le deleghe nella segreteria di giovedì, dunque. Mentre la prossima Direzione tra il 29 settembre e il 3 ottobre prenderà una linea condivisa sui temi cruciali della legge di stabilità e del jobs act. Un rimescolamento ci sarà anche nel governo, con Davide Faraone che passa sottosegretario all’Istruzione e Alessia Morani che trasloca alla vicepresidenza del gruppo alla Camera. Qualche altro spostamento ancora a Montecitorio e al Senato. Mentre qualche nome spunta pure per le prossime amministrative, per le quali un 'in bocca al lupo' speciale Renzi lo fa a Stefano Bonaccini, con un aut aut: «Dobbiamo essere garantisti sempre». E la linea condivisa appare la preoccupazione maggiore del premier, che ha davanti la battaglia sull’articolo 18 e sugli ammortizzatori. Ma anche sulla Pa. E con i sindacati. A cominciare da quelli di polizia, accusati di aver esercitato «una pressione indebita: bisogna chiarire in modo inequivocabile che i sindacalisti delle forze dell’ordine non possono permettersi di evocare forme di protesta contro la legalità». Dopo di che, «se c’è chiarezza ci mettiamo intorno a un tavolo per parlare del blocco stipendi». Messaggi e avvertimenti. In quello che per lui è «il momento più affascinante. Molto dipenderà dalla coerenza, dalla capacità di sognare ed entusiasmarsi delle donne e degli uomini del Pd». 
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