domenica 1 maggio 2016
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PALERMO La pervasività della mafia non conosce confini di regione, né classi sociali. Per questo occorre un patto tra le istituzioni e i cittadini per isolarla e sconfiggerla: l’antimafia deve ripartire da qui. È il filo rosso che unisce gli interventi di coloro che hanno voluto ricordare ieri l’impegno del segretario del Pci siciliano, Pio La Torre, ucciso assieme al suo autista e collaboratore Rosario Di Salvo il 30 aprile 1982. «Pio La Torre – sottolinea in un messaggio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – ha testimoniato con il suo impegno che le mafie, con il loro disegno di sottomettere le funzioni pubbliche e la società possono essere duramente colpite ogni volta che si realizza una convergenza tra le forze migliori della comunità. Gli anticorpi alle mafie ci sono: dobbiamo svilupparli e fare in modo che operino insieme, in alleanza. Tanto più questo principio vale oggi, quanto più diffusi sul territorio nazionale sono i tentativi di condizionamento e di infiltrazione». Sono passati 34 anni dall’assassinio e 40 dalla storica relazione di minoranza redatta assieme a Cesare Terranova (magistrato anche lui ucciso dalla mafia) e a giuristi e storici, a conclusione dei lavori della commissione Antimafia del 1976. E poi la lotta contro la base missilistica di Comiso e, ancora, la storica legge Rognoni- La Torre, che introdusse il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso nel codice penale italiano e istituì le misure di confisca dei beni. «Il padre della legislazione antimafia nel nostro Paese. Un esempio anche oggi per chi lotta per la giustizia sociale, la pace e la legalità - dice il ministro della Giustizia Andrea Orlando -. Intuì la portata strategica della battaglia pacifista contro i missili a Comiso, in un momento in cui la mafia compiva un salto di qualità nello sfruttamento dell’isola e si intrecciava una trama di nuovi interessi politici ed economici opachi». Il premier Matteo Renzi, a Palermo per la firma del Patto per il Sud, depone un fiore nel luogo della strage: «È un modo per dire a nome di tutti che la lotta contro criminalità, mafia e tutte le forme di illegalità è una priorità che deve unire tutti gli italiani». Al Teatro Biondo di Palermo, al- la manifestazione organizzata da Centro studi Pio La Torre, interviene l’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice: «La Costituzione è stata scritta da 'ragazzini' di culture e ideologie diverse, che ce l’hanno regalata, mentre l’Italia usciva dalla guerra. Fascismo e mafia sono la stessa cosa, perché ledono il perno della dignità umana che è la libertà. Dobbiamo saper riconoscere gli uomini di estrazione diversa che si sono battuti per la giustizia e per la legalità. Negli anni 80, gli anni dei missili a Comiso, Pio La Torre e il cardinale Salvatore Pappalardo si sono ritrovati insieme sul fronte anti-missili». C’è anche il presidente della commissione Antimafia, Rosi Bindi: «Dobbiamo imparare a rompere quella solitudine che portò La Torre e Di Salvo a essere ammazzati, come la solitudine di Piersanti Mattarella, Dalla Chiesa, Borsellino, Falcone e tanti altri. Dobbiamo isolare, invece, le mafie recidendo i rapporti che sono stati capaci di stabilire - dice la Bindi -. Bisogna rilanciare il movimento antimafia senza il quale la mafia non si combatte, perché il lavoro di magistrati e forze di polizia è insufficiente. E per creare una cultura della legalità il movimento antimafia non può essere attraversato da nessuna ombra né dal rischio che qualcuno abbia qualche tornaconto personale ». E al sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che denuncia come «i veri grumi del potere affaristico- politico-mafioso oggi si concentrano su acqua, rifiuti ed energia» e punta il dito contro le «gestioni private e scellerate di cosiddetti confindustriali antimafiosi», un sistema «forte e condizionante come ai tempi di Ciancimino », Bindi dice: «Lo ascolterò in Antimafia». E Confindustria Sicilia annuncia querela. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’anniversario Renzi depone un fiore alla lapide commemorativa di La Torre e Di Salvo, a Palermo
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