venerdì 21 marzo 2014
Seconda giornata di vertice a Bruxelles. Il premier: nessuna sudditanza. E via Twitter: non aumenteremo tasse.
Renzi: «Se svoltiamo davvero il 3% non è più tabù» I Dal deficit al debito la scure del Trattato
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Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi partecipa alla seconda giornata del Consiglio europeo a Bruxelles. Prima dei lavori e dell'incontro dei capi di Stato e di governo, Renzi ha incontrato il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy. Al suo arrivo il premier ha scherzato con i giornalisti. "L'Europa cambia verso", ha detto riferendosi all'ingresso preso per recarsi all'incontro con Van Rompuy. Renzi, nel corso di una conferenza stampa ha subito precisato che la ricostruzione fatta dalla stampa sui sorrisi di Barroso e Van Rompuy "è lontana dalla realtà" aggiungendo che si tratta di ricostruzioni che "riaprono una ferita aperta nel nostro paese", facendo riferimento ai sorrisi che fecero Merkel e Sarkozy ad una domanda su Berlusconi. "Se son contenti lo sono anch'io, ma il mio obiettivo è far sorridere le famiglie italiane" con le riforme. "Non mi sembra che ci sia alcun rapporto conflittuale con le istituzioni europee" ha detto Renzi dopo il Consiglio Ue evidenziando che la posizione italiana è in linea con i governi precedenti e che Roma non è in competizione con Bruxelles, ma "non abbiamo nessuna sudditanza". Il punto centrale discusso in questi giorni sono state le riforme su cui "l'accelerazione è evidente" e daranno spinta al semestre di presidenza italiana. Il premier ha ribadito che la ripresa economica, "è modesta, timida, ma è in atto" ed ha proposto l'organizzazione a Torino di un vertice sulla disoccupazione giovanile ed a Bolzano di un appuntamento sulla formazione professionale. In mattinata sono stati firmati i capitoli politici dell'accordo di associazione con l'Ucraina. Via Twitter il presidente del Consiglio ha assicurato che il governo non ha intenzione di aumentare altre tasse dopo l'innalzamento di quelle sulle rendite finanziarie. "No, lo vedrai", dice Matteo Renzi rispondendo ad una domanda di un follower. "Contro l'evasione - aggiunge poi il presidente del Consiglio - ho intenzione di combatterla anche attraverso l'innovazione digitale e l'incrocio dei dati. Ne parliamo presto". Il premier ha incassato l'endorsment di Martin Schulz. "Penso che Renzi abbia ragione nel considerare gli investimenti del futuro una cosa diversa dall'indebitamento" ha detto il presidente del Parlamento europeo e candidato del Pse per la presidenza dell’Unione. "Abbiamo i criteri di Maastricht che sono parte integrante del trattato e devono essere rispettati - ha aggiunto -. Penso che il primo ministro Renzi non li metta neppure in questione, ma è chiaro che dobbiamo utilizzare tutti i mezzi che abbiamo a disposizione per creare crescita e soprattutto occupazione". ALLA RICERCA DELLA FLESSIBILITÀL'Europa «non può non appoggiarci proprio ora che l’Italia si gioca tutto sulla strada delle riforme». Matteo Renzi condensa così le prime battute di gioco di quella lunghissima partita, alla ricerca di una maggiore flessibilità sui conti, alla quale lo stesso neo premier affida in gran parte la sua sorte. Al suo primo Consiglio europeo dedicato all’economia, dopo uno scontro iniziale col presidente della Commissione Barroso, il capo del governo incassa non l’ennesima bacchettata sul rispetto degli "anacronistici" parametri del bilancio pubblico, ma soprattutto il consenso della Commissione alla filosofia del progetto renziano: «L’Europa sosterrà le riforme in Italia», twitta in inglese Barroso dopo l’incontro pre-vertice durato oltre un’ora (e definito «very positive») al palazzo Berlaymont con l’ex sindaco di Firenze. Dieci minuti finali faccia a faccia "in privato", senza le rispettive delegazioni, hanno fugato le ombre sul dissidio, alimentate dalle frasi a distanza che avevano preceduto il rendez-vous e dall’annullamento della successiva conferenza stampa, una prassi per questo tipo d’incontri.

 

 

A rafforzare il bottino di Renzi è poi arrivato, in odor di campagna elettorale (che già si respira qui a Bruxelles), la dichiarazione ai limiti del tifo calcistico del presidente del Parlamento, il socialdemocratico tedesco Martin Schulz (a fine mattina c’è stata pure la riunione dei vertici del Pse): «L’Ue ha bisogno di un’Italia forte e l’Italia ha bisogno di una Ue solidale, che vuol dire sostenere il Paese a uscire dalla crisi, io lotto con Renzi per questo». Anche il "nostro" Mario Draghi, il presidente della Bce, ha giocato le sue fiches pro-Renzi sottolineando che per spalleggiare la crescita servono «l’export» e un ritrovato «clima di fiducia».

Nel complesso gioco di pesi e contrappesi che sono una costante di questi summit brussellesi, sono affermazioni "pesanti". Si prolunga quell’apertura di credito giunta per prima lunedì scorso dalla Cancelliera Angela Merkel sul piano «ambizioso» di Renzi. D’altronde, si rimarca a Bruxelles, sono anni che l’Europa attende interventi strutturali da Roma, e finora si è visto solo la montiana riforma delle pensioni e poco più. La tensione sullo stato dei conti, e sull’intenzione italiana di alzare il deficit annuo dal 2,6 al 2,8%, se non di più, resta ma un po’ in secondo piano, almeno per ora. Lo scontro c’era stato nelle affermazioni della mattina. Barroso aveva sottolineato come sia «importante che tutti rispettino gli impegni firmati». Parole che avevano stimolato la replica, quasi stizzita, di Renzi: «L’Italia è uno dei Paesi che rispetta i vincoli». Poi c’è stato l’incontro, in cui è prevalsa la simpatia (non sono mancati accenni alla partita della sera Fiorentina-Juve).Il "non detto", ai piani alti dei palazzi dell’Unione, è che l’Ue non può interpretare le regole in maniera diversa. Questo è un compito che spetta ai governi, ovvero ai negoziati tra leader. E nonostante ci sia in Europa voglia di credere nell’Italia e nel nuovo governo, non c’è ancora una volontà "consolidata" di rimettere mano alle norme varate con il Fiscal compact, lo strumento appunto intergovernativo fortemente voluto - ai limiti della violazione degli stessi Trattati Ue - da Germania e Francia. La stessa ultima richiesta fatta trapelare ieri dopo l’incontro con le Regioni - lo scorporo dal Patto di stabilità dei fondi Ue e dei relativi cofinanziamenti nazionali - non accende entusiasmi: «È la solita richiesta già avanzata da Monti e da Letta», si dice dietro le quinte.Renzi tuttavia, che è sì abbastanza giovane come premier ma non un novellino, sa benissimo che in Europa va fatto un passo per volta. Così, prima di "tuffarsi" nella cena serale che di fatto segna l’inizio del Consiglio, a metà pomeriggio decide di presentarsi ai giornalisti italiani (in modalità che ricordano il Berlusconi premier) per difendere il suo piano. «Sono contento che la Ue apprezzi le nostre riforme, noi rispettiamo i vincoli ma anche l’Europa deve risolvere i suoi problemi», chiarisce il premier insistendo sul fatto che «l’Italia non viene in Europa come uno studente fuori corso, ma come un Paese fondatore che rispetta i vincoli». Via dunque di nuovo con l’elenco delle riforme istituzionali e del Jobs act sul lavoro, rimandando al Def dei primi d’aprile per la definizione delle coperture. All’Europa, è la posizione del premier, interessano soprattutto le riforme, «non si viene qui per discutere su uno "zero virgola" di deficit», quando a fronte c’è un progetto per «rivoluzionare e cambiare l’Italia». E, in prospettiva, l’Europa che non deve essere «la causa del problema, ma la soluzione, il futuro». E stamani a colazione, prima della ripresa dei lavori fra i leader, Renzi avrà il secondo round con Van Rompuy, il presidente del Consiglio Ue. Eugenio Fatigante

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