domenica 27 marzo 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
ROMA L’Italia non si accontenta. L’Italia non resta a guardare. Di fronte al crescendo di assurdità sul caso Regeni che arrivano dall’Egitto, il premier prende posizione e promette di andare fino in fondo. «L’Italia non si accontenterà di nessuna verità di comodo – scrive Matteo Renzi sulla sua e-news –. Consideriamo un passo in avanti importante il fatto che le autorità egiziane abbiano accettato di collaborare e che i magistrati locali siano in coordinamento con i nostri. Ma proprio per questo potremo fermarci solo davanti alla verità. Non ci servirà a restituire Giulio alla sua vita. Ma lo dobbiamo a quella famiglia. E, se mi permettete, lo dobbiamo a tutti noi e alla nostra dignità». L’ultima versione arrivata dall’Egitto sulla atroce morte del giovane scuote le istituzioni, nella settimana di sospensione pasquale dei lavori parlamentari. «L’ennesima versione dei fatti sull’omicidio di Giulio Regeni è scoraggiante e getta un’ombra sul rigore delle indagini svolte in Egitto», scrive in un tweet la presidente della Camera Laura Boldrini. Ma alla ripresa dei lavori, incalzano i Cinquestelle, serve una risposta della Farnesina. «Ministro Paolo Gentiloni che dici? Ti degni di venire in Parlamento per dirci due parole su Regeni?», chiede sempre sul web Alessandro Di Battista, del direttorio di M5S. Ma se Renzi è determinato a ottenere la verità dall’Egitto, altrettanto decisa è la sua posizione sulle stragi di Bruxelles. «Occorre una reazione durissima nella distruzione di queste cellule, certo. E poi occorre un gigantesco investimento educativo e culturale », scrive ancora il capo del governo. «Perché l’educazione è il principale fattore per la sicurezza di un popolo. E ci investiremo, senza rinunciare alla nostra identità, ai nostri valori, ai nostri ideali». Parlare di guerra, però, è altro, secondo Renzi. «La guerra è fatta da Stati sovrani, il terrorismo da cellule pericolose o spietate che non meritano di essere considerate Stati sovrani. Loro vogliono farsi chiamare Isis, Stato Islamico. Noi li chiamiamo Daesh». Perciò, ripete ancora il premier, «non credo che la parola guerra sia la parola giusta. E lo dico sapendo di andare contro il pensiero dominante. Non è un problema semantico o lessicale: utilizzare la parola guerra può servire per mettere al caldo le nostre insicurezze. Ma paradossalmente finisce per fare il gioco dei nostri nemici». Se loro vogliono che si parli di guerra e «hanno bisogno della nostra paura. Ci vogliono morti, ma se rimaniamo vivi ci vogliono paralizzati dal terrore», occorre reagire. «L’Italia dei nostri nonni ha attraversato la notte del fascismo, l’Italia dei nostri genitori ha superato il brigatismo e il terrorismo interno, l’Italia di quando eravamo studenti liceali è stata più forte delle bombe della mafia. Supereremo anche questa a condizione di restare noi stessi. Di non farci piegare dalla superficialità, dalla demagogia, dal semplicismo vuoto e becero di chi punta a prendere voti anche sulle disgrazie». L’importante per «chi guida un Paese è cercare di tenere tutti uniti, indipendentemente dalle singole idee politiche. Verrà la campagna elettorale e ciascuno dirà la sua. Ma quando c’è una vicenda come quella di Bruxelles, prima di tutto vengono la sicurezza nazionale e i valori condivisi di una comunità». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il premier Matteo Renzi
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: