giovedì 12 maggio 2016
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Con l’indagine 'Fata Morgana' riflettori su connivenze tra cosche e politici REGGIO CALABRIA ’Ndrangheta aristocratica. Nomi eccellenti. Di istituzioni e forze dell’ordine, con un giro d’affari enorme. Tanto quanto la nascente città metropolitana di Reggio Calabria, sulla quale la presunta 'piovra' reggina avrebbe voluto allungare i tentacoli. Qualcosa come centinaia di milioni di euro da indirizzare «agli amici degli amici». Ma non si tratta dei 'soliti' mafiosi. Come conferma il boss Pantaleone Mancuso, infatti, «la ’ndrangheta non esiste più. È sotto la massoneria, però hanno le stesse regole. Il mondo cambia e bisogna cambiare tutte le cose». Una 'certezza', quella del boss, che trova riscontro nel fermo di insospettabili professionisti, ben inseriti in un contesto, tra logge massoniche e clan, finora «intoccabile» nonostante a tirare le fila, secondo la Dda di Reggio Calabria, fosse un volto notissimo nella Città dello Stretto: Paolo Romeo, l’avvocato, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Romeo sarebbe, per via di un fiume di intercettazioni e dichiarazioni di diversi pentiti, una delle più potenti 'eminenze' grigie della ’ndrangheta al pari di un altro avvocato, Giorgio De Stefano, arrestato nell’operazione 'Sistema Reggio'. Da un modello consolidato e «sotto la luce del sole» al fenomeno invisibile della 'Fata Morgana', da cui prende il nome l’indagine che ha posto in stato di fermo sette colletti bianchi. Un’accelerazione data dalla fuga di notizie che aveva interessato alcuni degli indagati, pronti a scappare, come riporta uno stralcio del decreto firmato dal procuratore capo, Federico Cafiero De Raho, e dai sostituti, titolari dell’inchiesta Ferracane, Lombardo, Miceli e Musolino. «Mi sto trasferendo definitivamente e mi sto portando tutto!», riferiva l’avvocato Marra ad un amico sulla decisione di «cambiare aria». Lo stesso Marra era stato intercettato precedentemente, in un bar del centro, con un maresciallo dei carabinieri. Grande distribuzione, centri commerciali ed un polo agroalimentare negli interessi economici della presunta 'loggia segreta'. «È tutto in mano alla ’ndrangheta», confida in un’intercettazione uno degli agenti immobiliari responsabili del centro commerciale 'La Perla dello Stretto'. Ma non solo: c’è tantissima politica pronta ad interloquire con reverenza nei confronti della rete di insospettabili professionisti. Dagli atti probatori parrebbe che Romeo e i suoi sodali indirizzassero l’esito elettorale per i vertici degli enti locali, dalla Provincia al Comune di Reggio Calabria, con disinvoltura, intessendo rapporti di subalternità rispetto alle scelte degli stessi amministratori. Romeo ad esempio definisce «irriconoscente» l’attuale presidente della Provincia, Giuseppe Raffa. Un presunto appoggio elettorale che sarebbe costato diverse migliaia di euro. C’erano anche contributi per la 'Festa del Mare', task force con esperti e accademici, clientele e favoreggiamenti ammantati da legalità apparente. Fino all’intervento della Procura di Reggio Calabria. Un fatto inimmaginabile per gli uomini del Circolo Pescatori 'Posidonia', che sapevano di poter contare su una guida indissolubile come Paolo Romeo, come conferma un’intercettazione che esplicita il totale controllo esercitato dalla 'super loggia'. «...Io cerco di parlare il meno possibile perché ci siete voi perché, se non c’eravate voi, facevo la guerra, avvocato!». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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