mercoledì 10 febbraio 2016
​Venerdì i funerali del giovane studioso torturato e ucciso in Egitto. Il Cairo nega ogni coinvolgimento. Ma ancora manca un quadro attendibile. Una sala a lui dedicata al Museo egizio di Torino.
Giulio Regeni, mille ombre sulle indagini
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Resta ancora avvolta da mille ombre la terribile vicenda di Giulio Regeni, ucciso in Egitto dopo essere sparito e torturato orribilmente. Secondo nuove ipotesi l'incubo di Giulio Regeni si sarebbe consumato in poco meno di 40 minuti, a due passi da casa sua: è lì, tra le 19.40 e le 20.18 del 25 gennaio, quinto anniversario della rivoluzione di piazza Tahir, che il ricercatore friuliano viene inghiottito in un buco nero dal quale ricomparirà, cadavere, 9 giorni dopo, gettato lungo un'autostrada dopo esser stato picchiato e seviziato. Un'altra riscostruzione (parziale) Indagini complesse e piene di contraddizioni, quindi. A due settimane dalla scomparsa, cambia ancora una volta lo scenario, a conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che la verità è assai lontana. A fornire la nuova versione sono le autorità egiziane, con il procuratore di Giza titolare delle indagini Ahmed Nagi, i media egiziani e la testimonianza dell'amico di Regeni, Gennaro Gervasio. Quest'ultimo era il tutor di Giulio, docente di scienze politiche all'università britannica del Cairo, con il quale il ragazzo aveva appuntamento quella sera per andare a cena in un ristorante nella zona di Bab al Louq con un'altra persona. Gervasio è rientrato in Italia ed è stato sentito sia dagli investigatori egiziani che da quelli italiani. È lui che fa scattare l'allarme quella stessa sera del 25 ed è lui ha ricostruire gli ultimi movimenti conosciuti di Regeni. Dice dunque Gervasio di aver parlato al telefono con Giulio alle 19:40: "mi ha detto che si sarebbe mosso da casa verso le 20 per raggiungere la fermata della metropolitana di Dokki(circa 6-7 minuti da casa) e che sarebbe sceso alla fermata Mohamed Naguib, da dove sarebbe venuto a piedi fino al ristorante". La fermata è a poca distanza da piazza Tahir e quella sera, vista la ricorrenza, c'erano centinaia di uomini delle forze di polizia in strada, per evitare che vi fossero assembramenti e manifestazioni. Una situazione tesa, dunque, che ha fatto preoccupare anche Gervasio visto che fa ben tre tentativi di contattare Regeni. Nel caso del primo, alle 20.18, e del secondo, alle 20.23, il telefono squilla a vuoto; al terzo, alle 20.25, il telefono di Giulio è muto: da quel momento in poi non verrà mai più riacceso e non sarà mai ritrovato. "È sparito 25 minuti dopo esser uscito di casa" ha detto Gervasio. E il suo cellulare sarebbe infatti "stato localizzato" per l'ultima volta "nella zona di Dokki, nei pressi del suo appartamento". L'allarme scatta due ore dopo. Gervasio contatta "tra le 22.30 e le 23" direttamente l'ambasciatore italiano sul cellulare il quale, a sua volta, si attiva immediatamente "interessando formalmente - ha detto il sottosegretario Dalla vedova in un'informativa alla Camera - le autorità locali e verificando contemporaneamente tutti i possibili canali di contatto per rintracciare Giulio". Lentezze egiziane Ma gli egiziani non si muovono subito: lo conferma la vicenda del Pc di Regeni, ora in mano agli inquirenti italiani. Nessuna autorità va infatti a casa del giovane per diversi giorni tanto che, quando sabato 30 arrivano al Cairo i genitori, trovano tutti i suoi effetti personali, compreso il computer. "Lo hanno preso loro - ha raccontato il coinquilino, l'avvocato Mohamed Al Sayad - assieme a tutti i file contenenti le sue ricerche e i suoi abiti". Ora quel pc è nelle mani degli investigatori. I rapporti con i sindacati L'obiettivo è in particolare uno: la riunione dell'11 dicembre dei sindacati indipendenti che si è tenuta al Centro servizi per i lavoratori e sindacati. Di quella riunione Regeni scrisse per Nena News, lo stesso pezzo che inviò anche al Manifesto con uno pseudonimo: gli inquirenti non escludono che all' incontro, a cui hanno partecipato un centinaio di persone, possano aver preso parte anche infiltrati che potrebbero aver notato la presenza di un italiano. E magari segnalarla a qualcuno. O, peggio, ancora, l'abbiano venduto a chi, poi, l'ha ucciso in quella maniera atroce. L'Egitto nega il coinvolgimento dei suoi apparati L'Egitto smentisce con forza qualsiasi coinvolgimento dei suoi apparati nell'atroce morte di Giulio Regeni. "Abbiamo confermato ripetutamente che il signor Regeni non è stato imprigionato da alcuna autorità egiziana", ha sottolineato il ministro dell'Interno egiziano Magdi Abdel Ghaffar in una conferenza stampa tenuta nel blindatissimo quartier generale della Sicurezza nazionale al Cairo. "Sarebbe opportuno evitare di arrivare a conclusioni affrettate" o lanciare "accuse e insinuazioni ingiustificate e senza prove", ha detto l'ambasciatore egiziano in Italia, Amr Helmy, sottolineando in sostanza la garanzia rappresentata dal pool di inquirenti italiani nel tentativo di "svelare la dinamica della morte" di Regeni e "punire i reali responsabili di questo atroce crimine". Accuse per i diritti umani Ignorando poi le accuse mosse da attivisti egiziani e ong autorevoli come Amnesty International e Human Right Watch, il ministro ha negato che l' "apparato" egiziano sia coinvolto in violazioni di diritti umani e ha sostenuto anzi che "è conosciuto per la sua trasparenza". Sul caso Regeni comunque, secondo Ghaffar "non bisogna precipitarsi ad evocare ipotesi senza prove". Le indagini, ha avvertito, richiederanno tempo perché tutte le ipotesi sono aperte e il dottorando di Cambridge aveva molti contatti in Egitto. Torture Entrambe le orecchie di Giulio Regeni sono state mozzate, nella parte alta. Lo apprende l'Ansa da fonti investigative qualificate secondo le quali sul corpo del giovane ricercatore friulano ci sono decine di "piccoli tagli", anche sotto la pianta dei piedi. A Regeni, spiegano inoltre le fonti, è stata strappata un'unghia della mano e una del piede. "Ci sono segni di piccoli tagli - dicono le fonti - su tutto il corpo, sia nella parte anteriore che posteriore". Tra le diverse fratture riscontrate anche quella delle scapole. Indagini italiane Nè il telefonino nè il passaporto di Giulio Regeni sono stati trovati dagli inquirenti che indagano sulla morte, al Cairo, del giovane ricercatore italiano. È quanto si apprende da fonti investigative italiane, secondo cui sia il passaporto che il cellulare potrebbero essere stati distrutti, o comunque fatti sparire, dai responsabili dell'omicidio di Regeni. Intanto, il team di carabinieri e polizia che si trova al Cairo è in attesa di entrare in possesso della documentazione dell'inchiesta egiziana: gli investigatori hanno chiesto di acquisire ogni atto - testimonianze, tabulati telefonici, rilievi - e l'auspicio è che la consegna possa arrivare nell'arco di 24-48 ore. Prima di allora, spiega la fonte, sarebbe azzardato avanzare ogni ipotesi. Il governo italiano "Non ci accontenteremo di verità presunte, come già abbiamo detto in occasione dei due arresti inizialmente collegati alla morte di Giulio Regeni. Vogliamo che si individuino i reali responsabili, e che siano puniti in base alla legge". Parola del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che in un'intervista in apertura di prima pagina con Repubblica spiega che l'Italia ha "chiesto e ottenuto che al Cairo funzionari investigativi del Ros e della polizia possano partecipare alle indagini egiziane". Il responsabile della Farnesina sottolinea che "l'Egitto è un nostro partner strategico e ha un ruolo fondamentale per la stabilizzazione della regione". Tuttavia "questo non ci ha mai impedito di promuovere la nostra visione del pluralismo e dei diritti umani. Qui però ci troviamo di fronte a un problema diverso, cioè il dovere dell'Italia di difendere i suoi cittadini e pretendere che, quando essi sono vittima di crimini, i colpevoli vengano assicurati alla giustizia. Questo dovere vale tanto più nei rapporti con un Paese alleato come l'Egitto". La collaborazione degli Usa Il caso Regeni è entrato anche nelle conversazioni tra Barack Obama e Sergio Mattarella. I due presidenti ne hanno parlato al termine del loro incontro alla Casa Bianca e il presidente americano, riferiscono fonti italiane, ha confermato che gli Usa collaboreranno per la ricerca della verità. I funerali "Opere di bene" I funerali di Giulio Regeni saranno celebrati venerdì 12 pomeriggio alle 14 nella pallestra comunalle di Fiumicello. Lo ha annunciato il sindaco Ennio Scridel precisando che non saranno funerali di Stato. Alla cerimonia funebre seguirà un corteo fino al cimitero comunale. Scridel ha sottolineato di avere avuto l'autorizzazione della famiglia ad annunciare le esequie, che si svolgeranno con il rito religioso. "I funerali sono aperti a tutti - ha aggiunto il sindaco - le autorità se verranno parteciperanno in forma privata come liberi cittadini". L'invito rivolto a coloro che parteciperanno ai funerali è di fare opere di bene e di non di portare fiori. È questa la volontà della famiglia Regeni, che provvederà poi a distribuire i beni ai bisognosi. Il Museo egizio dedica una sala a Regeni "La memoria di Giulio Regeni dovrà essere mantenuta viva attraverso lo studio, la tolleranza e la convinzione che solo attraverso la reciproca comprensione tra fedi, culture e ideali diversi si possa produrre un mondo migliore". Con questa motivazione, il Museo Egizio di Torino - considerato il più antico al mondo e il più importante dopo quello del Cairo - ha deciso di dedicare la storica sala di Deir El Medina al giovane ricercatore italiano "barbaramente ucciso per difendere i propri ideali - sostiene il Museo - e la sua coraggiosa attività di ricerca". La sala raccoglie 245 reperti e conserva gli albori delle ricerche sui rapporti professionali e proto sindacali della civiltà dell'epoca, compreso il papiro sul primo sciopero, nel 29/esimo anno del regno di Ramesse II. Il Museo Egizio di Torino esprime così alla famiglia di Regeni le sue "più sincere condoglianze", unitamente "all'affetto di tutti i suoi curatori, che da anni intessono rapporti di collaborazione con i colleghi egiziani".
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