domenica 27 marzo 2016
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L’ultima versione egiziana sull’omicidio di Giulio Regeni sembra non reggere di fronte alle dichiarazioni della famiglia di uno dei presunti rapitori del ricercatore italiano. Lo riferisce il quotidiano 'al Masry al Youm'. La moglie di Tarek Abdel Fatah, componente della banda, ha infatti affermato che il marito era entrato in possesso della borsa rossa con all’interno alcuni effetti di Regeni solo da cinque giorni e che la stessa borsa sarebbe appartenuta a un suo amico e non a Regeni. Inutile dire come tra i magistrati romani guidati dal procuratore Giuseppe Pignatone susciti non poche perplessità la versione egiziana. Chi indaga si limita a far notare come tra gli effetti personali mostrati dalle autorità del Cairo siano riconducibili a Regeni solo le due tessere universitarie, il passaporto e la carta di credito. Il resto, e cioè lo zainetto, gli occhiali da sole, il portafoglio e un pezzetto di hashish, non appartenevano alla vittima. Tra gli altri particolari emersi, la moglie del bandito Fatah, ucciso con altri quattro, ha detto che il marito avrebbe preso in affitto alcuni appartamenti in diversi quartieri di Qalyubia, nel governatorato del Delta del Nilo, per depistare le indagini della polizia. Fatah, sempre secondo i racconti della moglie, si sarebbe finto un pittore per muoversi liberamente. Intanto la moglie, la sorella e il cognato rimarranno in carcere per quattro giorni. I tre sono accusati di aver nascosto un criminale e di furto. La reazione delle autorità italiane ha sortito un effetto. Il portavoce del ministero dell’Interno, Abu Bakr Abdul Karim, ha precisato che la borsa ritrovata nell’abitazione della sorella di uno dei cinque presunti criminali uccisi nell’area di Heliopolis «non implica un coinvolgimento del gruppo nell’assassinio del ricercatore italiano». Di fatto riaprendo le indagini che il Cairo vole- va dare per chiuse. È l’avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, che si fa portavoce dei sentimenti dei genitori di Giulio dopo l’ennesimo tentativo di dirottare la ricerca della verità. «Credo che il nostro sgomento sia quello dell’Italia intera, rispetto a questi infamanti depistaggi che si susseguono in questi giorni», ha affermato Ballerini. «La cosa che ci ha colpito di più – ha proseguito il legale – è l’insulto, la mancanza di rispetto non solo nei confronti di Giulio ma di tutto il Paese, delle istituzioni, come se potessimo accontentarci di queste menzogne». «Allo sgomento – ha aggiunto l’avvocato Ballerini – si unisce la soddisfazione e la fierezza di essere italiani e di avere il sostegno delle istituzioni, delle tante associazioni umanitarie e soprattutto dei cittadini». E questo «per la famiglia di Giulio è molto importante». Il 5 aprile è previsto a Roma l’incontro tra i rappresentanti della polizia italiana ed egiziana che lavorano sul caso. L’appuntamento istituzionale, che fa seguito alla recente trasferta nella capitale egiziana del procuratore capo Giuseppe Pignatone e del pm Sergio Colaiocco, avrà un valore particolarmente significativo perché i nostri investigatori chiederanno informazioni e notizie dettagliate sulle modalità di ritrovamento dei documenti di Giulio Regeni. Un giallo nel giallo, la cui soluzione potrebbe portare direttamente alla porta di chi ha ordinato il sequestro di Giulio e di chi lo ha eliminato. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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