martedì 3 maggio 2016
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Ipotesi di taglio Irpef e il nodo di chi guida il Comitato Giovedì pranzo con Merkel a Roma sull’immigrazione ROMA Il cruccio è uno solo: trovare un nome, un volto, un 'padre nobile' della campagna referendaria per il sì che dimostri la continuità tra la Carta dei padri costituenti e la riforma renziana. Un volto rassicurante, moderato, al di sopra di ogni sospetto e di ogni partigianeria. Serve a 'spersonalizzare' la consultazione, a far capire che il «sì» è il voto degli italiani che «vogliono bene al Paese», non di quelli che tifano per il premier. Ma questo nome, questo volto, ancora non c’è e rischia di diventare il 'buco' di Renzi delle prossime settimane: si è fatto un tentativo senza risultati con Napolitano, si è vociferato di Ciampi. Ora gli spifferi parlamentari chiamano in causa Anna Finocchiaro, Pierluigi Castagnetti, Emanuele Macaluso, Renzo Piano. È una questione secondaria, ma non irrilevante. E ogni giorno che passa l’attesa per il 'grande annuncio' si fa più pesante. Perché dà l’idea che non siano in tanti i 'saggi' del Paese a volersi mettere in gioco. E perché così la macchina del Comitato per il sì è costretta a reggersi solo sul tour de force lungo l’Italia del premier e del ministro Boschi. E poi l’agenda di governo e quella parlamentare procedono incessanti, senza soste. Al punto che al momento, per Renzi, la migliore campagna referendaria è capitalizzare i risultati dell’esecutivo e legarli all’«ultimo scatto », il voto di ottobre. Anche i prossimi giorni del premier saranno una corsa senza fiato. Forse oggi potrebbe esserci il blitz per nominare il nuovo ministro dello Sviluppo, per il quale co- munque non si dovrebbe scavallare la settimana. Una nuova ondata di nomine è stata annunciata da Renzi venerdì scorso. Insieme al titolare del Mise (in corsa il manager Chicco Testa, il sottosegretario di Palazzo Chigi De Vincenti, l’attuale viceministro del dicastero Bellanova e l’ex governatore emiliano Errani) dovrebbero anche arrivare alcune chiamate nello staff personale del presidente del Consiglio, in primis quella di Marco Carrai - manager e amico fidatissimo del premier - ai big data. I riflettori però sono puntati su giovedì. A pranzo a Palazzo Chigi arriverà Angela Merkel. Nel pomeriggio sono attesi tutti i vertici dell’Ue: Juncker, Tusk, Schulz. Forse il premier proverà a trasformare il bilaterale con la cancelliera tedesca in un trilaterale al Campidoglio che comprende anche il presidente della Commissione Juncker, per affrontare insieme i nodi politici legati alla gestione dei flussi migratori dopo i problemi al Brennero con l’Austria e dopo la richiesta di Berlino e Parigi (insieme ad altri quattro Stati) di prolungare la sospensione di Schengen. Tutti i dossier di governo e parlamentari, in questo momento, possono diventare spendibili per la campagna referendaria. Non a caso a Firenze il premier elenca alcune scadenze: il voto sulle unioni civili, quello del 25 maggio sul Terzo settore, il collegato-povertà che dovrebbe indicare come si spendono i soldi per i minori a rischio stanziati in legge di stabilità. A fine maggio, a ridosso delle amministrative, è previsto anche il paper sulle pensioni che annuncia come sarà introdotta la flessibilità per le persone che vogliono lasciare il lavoro prima dei rigidi paletti fissati dalla riforma Fornero. Economia, Europa, referendum. Tre pezzi che si tengono. L’affidabilità, la «stabilità» del governo come punto di forza in vista del voto popolare. E cade bene, per l’esecutivo, lo stretto collegamento che ci sarà in autunno tra la legge di stabilità (da consegnare al Parlamento il 30 settembre) e il voto sulla riforma costituzionale (metà ottobre). Anche per questo motivo Renzi tiene sempre l’asso conservato nella manica: anticipare la manovra sull’Irpef al 2017. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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