venerdì 12 giugno 2020
Quattro inchieste in un mese e mezzo tra Calabria e Sicilia Ieri scoperte 37 persone che percepivano sussidi senza averne diritto: tra di essi, esponenti di spicco di una cosca
Reddito di cittadinanza, boom di richieste dai boss
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Ndrangheta e reddito di cittadinanza. Un binomio “impossibile” eppure frequente, come stanno appurando inchieste in Calabria, Sicilia e in altre parti della Penisola. Ieri l’ultima, terza in 20 giorni e quarta in un mese e mezzo, che tra Pollino e Aspromonte ha scoperto 37 persone (33 italiani e 4 stranieri) che incassavano l’ammortizzatore sociale senza averne diritto. Per di più i beneficiari sono in gran parte considerati elementi di spicco della potente cosca Piromalli–Molè di Gioia Tauro: condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso e figure apicali, al pari di donne che avevano omesso di segnalare la presenza nel nucleo familiare di congiunti detenuti all’ergastolo in regime di 41 bis, con a carico misure cautelari personali o condannati per associazione mafiosa. Gli abusi sono stati individuati dai carabinieri di Gioia Tauro e dalla procura di Palmi con l’indagine “Jobless Money”.

Una donna e il figlio, entrambi percettori di reddito di cittadinanza, avevano dichiarato di appartenere a due nuclei familiari distinti anche se conviventi. Altri erano riusciti a ottenere il beneficio nonostante avessero l’interdizione perpetua dai pubblici uffici in seguito a una condanna passata in giudicato. Un uomo, ancora, pochi mesi prima d’ottenere il reddito, aveva acquistato un veicolo nuovo, a conferma d’un tenore di vita normale e comunque di un profilo non rientrante nelle categorie previste dalla legge. Secondo la ricostruzione degli investigatori, le irregolarità dei furbetti avrebbero provocato alle casse pubbliche un danno erariale di circa 279mila euro. E senza l’inchiesta l’ammanco sarebbe presto cresciuto di ulteriori 134.500 euro: la procura palmese infatti ha subito dato il via all’interruzione dei pagamenti.

Negli ultimi dieci giorni di maggio altre due indagini simili hanno colpito soggetti in onore di ‘ndrangheta: il 25 maggio 18 denunciati dai carabinieri di Taurianova, tra cui la moglie del boss del centro nella Piana di Gioia Tauro in cui si trovavano pure gli altri paesi interessati dal fascicolo investigativo: Varapodio, Giffone, Molochio, San Martino di Taurianova, Cittanova e Cinquefrondi. Accertato un danno erariale di circa 50 mila euro da parte non solo di cittadini che svolgevano poi lavori “in nero” in bar, ristoranti o cantieri edili, ma anche dal gestore di un’officina meccanica abusiva e dal proprietario di un salone da parrucchiere che lavorava pur avendo formalmente chiuso l’attività 4 anni fa.

Quattro giorni prima l’operazione “Mala civitas” della Guardia di finanza aveva individuato 101 ’ndranghetisti organici alle maggiori cosche della provincia di Reggio e con ruoli gerarchici diversificati che avrebbero indebitamente richiesto e ottenuto l’assegno dall’Inps. Nei primi giorni di maggio, infine, c’era stato il caso di un vibonese di 62 anni, considerato esponente di spicco della criminalità organizzata, che aveva intascato 4.500 euro tra settembre e gennaio pur avendo a carico precedenti per estorsione, sequestro di persona, ricettazione, truffa e usura.

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