lunedì 4 novembre 2013
Sul fronte delle tratte brevi, quelle frequentate da lavoratori e studenti, l’Italia procede a due velocità. E le gare regionali non aiutano il settore a porre fine al monopolio. Con l’orario invernale meno corse. Ma in sette Regioni in arrivo treni più moderni.
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Un tempo si chiamavano locali. Ora regionali, metropolitani o S più un numero. Sono i treni dei pendolari, di coloro che si spostano per lavoro, studio o ragioni varie in ambiti relativamente ristretti. E ogni anno finiscono nell’occhio del ciclone, perché soppressi, in ritardo, strapieni nelle ore di punta, scomodi e vecchi, con carrozze spesso vandalizzate, con orari non corrispondenti alle esigenze, con l’impossibilità di "prendere" (perdere) le coincidenze…Il servizio locale, nel nostro Paese fa discutere. E col nuovo orario di metà dicembre, le sorprese potrebbero non mancare. Magari con piccoli rincari - le tariffe, però, va sottolineato non dipendono da Trenitalia ma dalle Regioni - e soprattutto con qualche convoglio in meno. In tempo di crisi tagliare è più facile. Anche perché il concetto di servizio sociale è fuori moda da anni. Si guarda al budget e se quel mezzo di trasporto costa troppo lo si elimina favorendo l’assai meno costoso autobus. Come han fatto in Piemonte un anno e mezzo fa: chiuse 12 linee secondarie. Gli esperti economici del settore fanno notare che una linea a binario unico porta 80/85 convogli al giorno. Se vi circolano almeno 40 la si può considerare non in perdita. In caso contrario vince l’autobus, con un solo autista - lo stipendio di un autista è più basso di quello di un macchinista -, consumi più bassi, servizio capillare nei centri abitati. Per di più in Italia spesso le stazioni sono lontane dal cuore delle cittadine e con una sola fermata. Motivo non trascurabile perché sposta la preferenza del viaggiatore su altro tipo di vettore, la corriera appunto o l’automobile. Inoltre qui da noi non esiste quello che in Germania, ad esempio, chiamano l’autobus su rotaia, un mezzo piccolo che fa molte fermate garantendo un servizio capillare. E il <+corsivo>tramtreno<+tondo> che ha ormai preso piede nella stessa Germania, Francia e Olanda, non è omologato per questioni burocratiche non facilmente comprensibili se non si è tecnici del settore. Ultima nota le gare regionali: all’estero hanno dato buoni frutti ponendo fine al monopolio della principale compagnia ferroviaria e riducendo i costi, qui a parole i numeri uno delle varie Regioni dicono di volerle ma, di fatto, non ci sono. Risultato? Servizi così così, rischio sempre più alto di tagli e malumori della "clientela" garantiti. La fotografia del Paese non è omogenea, però. Ci sono Regioni felici e altre davvero infelici. Scelte politiche economiche che non tengono conto, ad esempio, del problema ecologico e di quello del traffico. Tant’è si registra la solita Italia a due velocità, questa volta non legata alla strausata cantilena Nord-Sud, ma a linee di pensiero che esulano dai "colori" politici o dalla posizione geografica. Di certo Trenitalia sta provando a fare la sua parte nel servizio: a metà 2012, infatti, presentò un piano da 2,5 miliardi di euro per nuovi treni del servizio pendolare: 50 convogli a due piani, serie Vivalto, distribuiti in 7 Regioni - Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli, Toscana e Lazio - le cui consegne termineranno nel 2014. Non solo, il prossimo gennaio si vedrà il primo Coradia: dal giugno successivo 4 nuovi convogli al mese sui binari sino ad arrivare a quota 70, il numero della commessa vinta, per un ammontare di circa 450 milioni di euro - il 20 novembre 2012 - da Alstom per i treni regionali di Fs. Più 20 in opzione. Circolerà in Abruzzo, Calabria, Lazio, Marche, Umbria e Piemonte.Treni nuovi anche in Lombardia, con le Nord che, pochi giorni fa, hanno approvato un investimento di 130 milioni per l’acquisto di 10 nuovi treni e 10 nuove carrozze. E altri 15 dovrebbero essere ordinati a breve con un ulteriore stanziamento di 132 milioni.È interessante notare poi, solo per fare qualche esempio, che il Piemonte per il cosiddetto "contratto di servizio" investe 210 milioni di euro, la Liguria 78, la Toscana 230, la Puglia 60, la Campania 142 e la Calabria 75. E diventa interessante anche osservare che mentre il Veneto dal prossimo dicembre introdurrà il servizio ferroviario cadenzato, in compenso potrebbe tagliare 4 coppie di vecchi "interregionali" sulla Milano-Venezia pur introducendo 13 coppie giornaliere di "Frecce" regionali Venezia-Verona che nella città scaligera permetteranno la coincidenza con i treni cadenzati Milano-Verona di Trenord. E che il Piemonte vorrebbe tagliare linee cosiddette sovraregionali, ossia oltre i confini della regione, come alcune che collegano con la Liguria, dove ad esempio sulla Genova -Acqui rischia di saltare il percorso piemontese come rischiano di sparire i "regionali veloci" sulla Torino-Savona-Ventimiglia e sulla, tra l’altro tratta internazionale, Cuneo-Ventimiglia-Taggia andando a risparmiare circa 5 milioni e mezzo di euro. Solo piccoli esempi a macchia d’olio in un contesto dove chi ci rimette, alla fin fine, è sempre il pendolare. Colui che magari non capisce perché si ci mette di mezzo anche l’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (Ansf) che verificando l’inadeguatezza dei binari - come accaduto di recente tra Lazio e Abruzzi sull’Avezzano-Roccasecca - fa chiudere la linea. In attesa che si trovino i fondi per il rinnovo dell’armamento... spazio al bus.
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