martedì 18 febbraio 2014
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Troppi «no», uno in fila all’altro, hanno fatto scattare l’allarme rosso. La grana di Matteo Renzi si chiama Tesoro. Tutti i nomi pesanti tirati in ballo negli ultimi giorni si stanno sfilando: in primis Enrico Letta, che si oppone fermamente a ogni richiesta, poi la "prediletta" Lucrezia Reichlin, poi "il colpo gobbo" Romano Prodi. Ieri anche un altro candidato, Fabrizio Barca, nell’ambito di un surreale scherzo telefonico, si è tirato fuori usando parole pesanti verso il premier incaricato e i presunti "poteri forti" che lo sostengono. Il segretario Pd ne ha parlato a lungo ieri al Colle con Giorgio Napolitano, al punto di chiedere, secondo alcune ricostruzioni, un aiuto del capo dello Stato nel convincere un big ad affrontare la prova di Via XX Settembre. E il Quirinale non si è sottratto. Già ieri sera ha voluto un faccia a faccia con Ignazio Visco, governatore di Bankitalia. E ha intensificato il canale con la Bce di Mario Draghi. La sua mediazione, a questo punto, è indispensabile.Non è una questione di poltrone. "Quel" nome segna il tasso di maggiore o minore europeismo del Renzi I, indica quanto riformismo e quanta audacia si potrà avere sulle politiche del lavoro e del fisco. Non è un nome qualsiasi ed è fuori dalle logiche degli accordi di maggioranza. Il premier incaricato ha una carta di riserva, ed è lo spostamento al Tesoro del fedelissimo Graziano Delrio (ministro degli Affari regionali con Enrico Letta, sinora candidato ad essere il sottosegretario di Palazzo Chigi). Nel pomeriggio è circolata anche l’ipotesi di confermare Fabrizio Saccomanni, ma i renziani hanno fatto subito circolare un «no» nettissimo.Quanto il punto sia delicato lo dimostra il caso che ha investito ieri Fabrizio Barca, ex ministro della Coesione territoriale del governo Monti che avrebbe incassato il gradimento del Colle e della sinistra Pd. Ieri un "finto" Vendola l’ha chiamato durante una nota trasmissione radiofonica, strappandogli frasi velenose: «Sono sotto pressione, mi assaltano, ma io non ci penso proprio», ha detto Barca in riferimento al suo approdo a Via Venti Settembre. L’ex ministro conferma che la cosa gliel’ha accennata Delrio qualche giorno fa, ma «io non posso fare violenza ai miei metodi, ai miei pensieri, alla mia cultura; non c’è un’idea, è avventurismo, sono confusi e disperati». È un attacco politico a Renzi e anche al modo «disumano» con cui ha "trafitto" Letta. Non solo: Barca continua facendo intendere che «pressioni» sono venute anche dall’imprenditore Carlo De Benedetti, patron del gruppo L’Espresso, attraverso articoli dei suoi giornali «segno di un’insistenza assurda». «Ma io più vedo un imprenditore dietro, più ho conferma delle mie preoccupazioni», si tira fuori Barca. Nella vicenda viene messa al centro della scena anche la giornalista Lucia Annunziata, che con un sms gli avrebbe chiesto se il suo «no» avrebbe resistito ad una chiamata del Colle. «Vi prego, non mi fate chiamare da nessuno», è la risposta. Al di là dello scherzo radiofonico, il caso ha un punto di caduta molto concreto: non sapremo mai cosa Barca avrebbe detto a Napolitano nel caso il Colle avesse chiesto la sua disponibilità. Ormai la candidatura è caduta di fatto, aggiungendo nervosismo a nervosismo.Il clima di tensione lo si percepisce dalle risposte vaghe e tese dell’entourage renziano, chiuso ormai da giorni in un riserbo strettissimo. «Nessuno di noi ha mai sentito Barca», dicono gli uomini-comunicazione. Anche i messaggi che arrivano da Alfano non aiutano a rasserenare il clima tra i fedelissimi di Renzi: il leader Ncd vuole tenersi il Viminale, lasciando però il ruolo da vicepremier, quasi a segnare un distacco politico dall’esecutivo. Inoltre, con la sponda del Colle, pretende un "patto alla tedesca". Condizioni forti, al punto che l’atteso incontro notturno tra i due resta un rebus irrisolto lungo tutta la giornata (stasera, invece, il faccia a faccia "formale"). A ora di cena il Transatlantico di Montecitorio è come sospeso in una strana attesa. Qualcuno, specie tra i vendoliani che vogliono entrare in maggioranza, avverte: «Guardate che Matteo molla tutto». I parlamentari del sindaco smentiscono in parte: «Siamo tranquilli e fiduciosi, nessuno ha mai pensato che fosse facile. Però, è chiaro, se qualcuno pensa di mettere trappole, lui non ci sta...».
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